Placca arteriosa: il ferro, un fattore di rischio modificabile per l’aterosclerosi
E’ stato proposto che la deplezione di ferro protegge dalla malattia cardiovascolare.
C’è crescente evidenza a sostegno del meccanismo protettivo della riduzione dei livelli di ferro entro la placca aterosclerotica.
Elevati aumenti della concentrazione di ferro sono osservati nelle lesioni aterosclerotiche umane, rispetto ai livelli nel tessuto arterioso sano.
In modelli animali, la deplezione in vivo dei livelli di ferro della lesione mediante flebotomia, trattamento di chelazione sistemico del ferro o restrizione dell’assunzione di ferro con la dieta, permette di ridurre la dimensione della lesione e/o aumenta la stabilità della placca.
In modelli murini, l’infusione di angiotensina II aumenta i livelli di ferritina e lo spessore arterioso, che sono revertiti mediante il trattamento con il chelante del ferro, Deferoxamina ( Desferal ).
Negli esseri umani, anche un polimorfismo per l’aptoglobina, correlato a malattia cardiovascolare, è associato ad un aumento del ferro in sede lesionale.
L’eme-ossigenasi 1 ( HO1 ) è un importante componente del sistema di mobilizzazione del ferro dai macrofagi.
I polimorfismi del promoter di HO1, che causano una più debole upregolazione dell’enzima, sono associati a malattia cardiovascolare e ad aumentati livelli sierici di ferritina.
La malattia cardiovascolare associata all’infiammazione può essere in parte causata da elevati livelli di epcidina, che promuovono la ritenzione di ferro entro i macrofagi della placca.
La ritenzione difettiva del ferro entro i macrofagi nell’emocromatosi genetica può spiegare perché c’è poca evidenza di aterosclerosi in questo disordine nonostante il sovraccarico sistemico di ferro.
I dati dello studio sono a sostegno del concetto che il ferro della placca arteriosa è un fattore di rischio modificabile per l’aterogenesi.( Xagena2008 )
Sullivan JL et al; Biochim Biophys Acta 2008; Epub ahead of print
Cardio2008 Emo2008
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