Esiti cardiovascolari a diverse pressioni arteriose in corso di trattamento nei pazienti ipertesi
Le recenti linee guida sull'ipertensione raccomandano che, anche nell’alto rischio cardiovascolare, la pressione arteriosa dei pazienti ipertesi venga abbassata a meno di 140/90 mm Hg, dato che non sono disponibili evidenze a sostegno di un target più basso con valori inferiori a 130/80 mm Hg che erano raccomandati nelle linee guida precedenti.
C’è dibattito sul fatto che questa sia la strategia di trattamento ottimale.
I pazienti ipertesi ad alto rischio cardiovascolare dello studio VALUE ( Valsartan Antihypertensive Long-term use Evaluation ) sono stati divisi in sottogruppi in base (i) a percentuale di visite durante il trattamento in cui la pressione arteriosa era stata ridotta a un valore inferiore a 140/90 o a meno di 130/80 mm Hg, o (ii) a valori medi di pressione sistolica o diastolica ( SBP/DBP ) ottenuti durante l'intero periodo di trattamento o fino al verificarsi di un evento.
Un progressivo aumento da meno del 25% al 75% o più delle visite in cui la pressione era inferiore a 140/90 mm Hg è stato accompagnato da una significativa e progressiva marcata diminuzione del rischio regolato in base alle covariate di morbilità e mortalità cardiovascolare, eventi con causa specifica cardiovascolare ( infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e ictus ) e mortalità per tutte le cause.
Fatta eccezione per una progressiva diminuzione persistente di ictus, non si è verificata alcuna tendenza significativa a una diminuzione del rischio per un simile incremento progressivo della percentuale di visite con pressione inferiore a 130/80 mm Hg.
L’aumento della percentuale di visite con una pressione inferiore a 140/90 mm Hg ( ma non-inferiore a 130/80 mm Hg ) è stato accompagnato da una diminuzione del rischio di eventi anche quando le differenze di rischio di base sono state regolate con un punteggio di propensione.
Infine, rispetto ai pazienti che sono rimasti a valori medi di pressione sistolica durante il trattamento maggiore o uguale a 140 oppure a valori medi di pressione diastolica maggiore o uguale a 90 mm Hg, il rischio di tutti gli eventi è risultato marcatamente ridotto quando la pressione media sistolica in trattamento è stata abbassata a una pressione sistolica media di 130-139 mm Hg oppure a una pressione diastolica media di 80-89 mm Hg, mentre a una pressione sistolica media in trattamento inferiore a 130 mm Hg o pressione diastolica inferiore a 80 mm Hg, è stata trovata una ulteriore riduzione del rischio per l’ictus, ma non per qualsiasi altro tipo di evento, il cui rischio è rimasto simile o solo leggermente superiore a quello visto al target pressorio superiore.
In conclusione, nel rischio cardiovascolare elevato, i pazienti ipertesi dello studio VALUE che hanno ridotto costantemente la pressione a valori inferiori a 140/90 mm Hg hanno avuto marcati effetti benefici sia quando i dati sono stati calcolati come percentuale di visite a pressione target o come pressione media durante il trattamento.
Ridurre la pressione arteriosa a meno di 130/80 mm Hg ha portato solo a qualche possibile ulteriore beneficio sull’ictus, mentre il rischio di altri esiti è rimasto sostanzialmente simile o leggermente superiore a quello osservato al target più alto.
Pertanto, riduzioni aggressive di pressione quando il rischio cardiovascolare è alto possono non offrire vantaggi sostanziali, se non forse nei pazienti o condizioni in cui il rischio di ictus è particolarmente frequente. ( Xagena2016 )
Mancia G et al, Eur Heart J 2016; 37: 955-964
Cardio2016 Neuro2016
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