Complicanze della ablazione transcatetere della fibrillazione atriale
L’ablazione transcatetere della fibrillazione atriale rappresenta una delle procedure elettrofisiologiche più complesse ed è quindi ragionevole aspettarsi che il rischio associato sia più alto che per la ablazione di altre aritmie. Tuttavia, confrontando i risultati di registri spontanei che hanno raccolto numero e tipologia di complicanze a partire dalla fine degli anni ’90, si intravede una tendenza alla riduzione del numero assoluto di complicanze maggiori nel corso del tempo.
Attualmente, l’incidenza di queste complicanze varia dallo 0.8% al 5.2% ( in media 3% ) in accordo alla strategia
di ablazione usata, all’estensione delle lesioni, alle caratteristiche del paziente e all’esperienza del Centro.
È possibile osservare anche una diversa prevalenza delle varie complicanze, con la quasi scomparsa della stenosi delle vene polmonari ( come conseguenza dello spostamento a livello più prossimale delle lesioni per l’isolamento delle vene polmonari ) e l’aumento della paralisi del nervo frenico ( principalmente per l’introduzione della crioablazione con pallone ).
Le complicanze vascolari rimangono, comunque le più frequenti in assoluto ( 0.2-2.5% ). Tra le complicanze più temibili da citare il tamponamento cardiaco ( 0.0-2.9% ), gli eventi tromboembolici ( 0.0-1.1% ) e la fistola atrio-esofagea ( 0.03-0.25% ).
Rimane imprescindibile l’esperienza dell’operatore e del Centro per contenere il numero delle complicanze, in particolare di quelle maggiori.
Una complicanza recentemente riconosciuta della ablazione transcatetere della fibrillazione atriale è l’embolismo cerebrale silente riportato nei diversi lavori nel 7-40.5% dei casi ( in media 17.2% ). Ciò è in linea con quanto già riscontrato in altre procedure interventistiche cardiovascolari, come l’angiografia coronarica ( incidenza del 15% ) o lo stenting carotideo
( incidenza del 30% ).
Il rischio di tale complicanza appare correlato ai livelli di anticoagulazione durante la procedura di ablazione ( è maggiore quando il tempo di coagulazione attivato [ ACT ] è inferiore a 250 s ) ed è esponenzialmente aumentato dalla cardioversione elettrica.
Il rischio è minore se l’ablazione viene eseguita senza interrompere la TAO e mantenendo l’INR in range terapeutico.
L’embolismo cerebrale silente è stato osservato con qualsiasi tecnica di ablazione, in particolare sia utilizzando i cateteri a radiofrequenza irrigati ( tasso di occorrenza 12.3% ) che i cateteri a pallone raffreddati ( tasso di occorrenza 14.3%), ma la sua incidenza è decisamente maggiore ( 37.3% ) quando si impiegano cateteri multielettrodo che utilizzano radiofrequenza fasica bipolare-unipolare.
Il significato clinico dell’embolismo cerebrale silente post-ablazione, soprattutto in funzione della possibilità di sviluppare declino cognitivo e demenza precoce, è sconosciuto.
Studi di follow-up eseguiti con risonanza magnetica cerebrale hanno dimostrato che la maggior parte delle lesioni cerebrali
asintomatiche riscontrate in acuto scompaiono o si riducono notevolmente di dimensioni a una rivalutazione a distanza di 2 settimane-21 mesi.
Studi con follow-up più prolungati e su un numero consistente di pazienti sono, comunque, necessari per chiarire questo punto. I seguenti accorgimenti possono essere utilizzati per ridurre il rischio di embolismo cerebrale silente durante ablazione transcatetere della fibrillazione atriale: iniziare la somministrazione di Eparina il più presto possibile ( subito prima o immediatamente dopo la puntura transettale ); ritirare le guaine lunghe in atrio destro non appena possibile; mantenere alti livelli di ACT ( superiori a 320 s ); evitare la cardioversione elettrica durante e subito dopo la procedura; eseguire l’ablazione
in corso di trattamento con Warfarin.
Per quanto riguarda la mortalità legata alla ablazione transcatetere della fibrillazione atriale, la prevalenza riportata è di circa 1 per 1000 in 32569 pazienti sottoposti a 45115 procedure.
Il tamponamento cardiaco, complicanza relativamente frequente, mostra la mortalità più bassa ( 2.3% ), mentre la fistola atrio-esofagea, complicanza rara, ha una mortalità molto elevata ( 71% ). ( Xagena2013 )
Fonte: Linee guida AIAC per la gestione e il trattamento della fibrillazione atriale. Aggiornamento 2013
Cardio2013
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