Studio PRoFESS: impatto della frequenza cardiaca a riposo su recidiva di ictus, esiti cardiovascolari, disabilità e declino cognitivo nei pazienti colpiti da ictus ischemico
La ricorrenza di ictus è un evento frequente e disabilitante. L’alta frequenza cardiaca è associata a rischio cardiovascolare.
Sono stati verificati gli effetti della frequenza cardiaca a riposo sugli esiti cardiovascolari e neurologici dopo ictus ricorrente nella popolazione ad alto rischio dello studio PRoFESS ( Prevention Regimen For Effectively avoiding Second Strokes ).
Un totale di 20.165 pazienti ( età media: 66.1 anni ) con ictus ischemico, assegnati ai bracci di trattamento dello studio PRoFESS, sono stati divisi in quintili secondo la frequenza cardiaca basale, e analizzati secondo gli esiti cardiovascolari e neurologici post-ictus.
Sono stati esaminati l’ictus ricorrente e gli esiti cardiovascolari maggiori, come infarto del miocardio, mortalità da cause cardiovascolari e mortalità per cause non-cardiovascolari.
Gli endpoint predefiniti erano rappresentati da: disabilità dopo recidiva di ictus, misurata mediante la scala di Rankin modificata ( mRS ) e l'indice di Barthel a 3 mesi, e la funzione cognitiva, misurata con la scala MMSE ( Mini-Mental State Examination ) a 4 settimane dopo la randomizzazione e alla penultima visita.
I pazienti nei due quintili più alti di frequenza cardiaca ( 76-82 e maggiore di 82 bpm ) sono risultati a maggior rischio di mortalità ( hazard ratio, HR=1.42, e HR=1.74 ), rispetto ai quintili di pazienti con più bassa frequenza cardiaca.
Risultati simili sono stati osservati per la mortalità vascolare e la mortalità non-cardiovascolare.
I rischi di ictus ricorrente ( HR=1.11 ) e di infarto miocardico non sono stati significativamente diversi nei pazienti con più alta frequenza cardiaca al basale e nei pazienti con più bassa frequenza cardiaca.
Nei pazienti con ricorrenza di ictus, è stata riscontrata una associazione tra bassa frequenza cardiaca al basale e migliori esiti di disabilità ( Barthel ) in tutti i gruppi.
E’ stata inoltre trovata una significativa relazione tra frequenza cardiaca al basale e declino cognitivo, definita come una riduzione di 2 o più punti nel punteggio MMSE tra la misurazione a 1 mese e quella alla penultima visita.
I dati hanno mostrato che la frequenza cardiaca è associata a mortalità, ma non a ricorrenza di ictus e di infarto miocardico nei pazienti con un evento ictale.
Una bassa frequenza cardiaca è associata a migliori esiti di funzione neurologica dopo ictus ischemico.
Pertanto, una più alta frequenza cardiaca potrebbe essere associata con ictus di maggiori dimensioni o a un ridotto recupero post-ictus, e può rappresentare un marcatore di sopravvivenza in questi pazienti. ( Xagena2012 )
Fonte: European Society of Cardiology ( ESC ) Meeting, 2012
Cardio2012 Neuro2012
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