Esiti a lungo termine nei pazienti con infarto miocardico di tipo 2 e lesioni miocardiche
L'infarto miocardico di tipo 2 e il danno miocardico sono comuni nella pratica clinica, ma le conseguenze a lungo termine sono incerte.
Sono stati definiti gli esiti a lungo termine ed è stata esaminata la stratificazione del rischio nei pazienti con infarto miocardico di tipo 2 e danno miocardico.
Sono stati identificati 2.122 pazienti con elevate concentrazioni di troponina I cardiaca ( maggiore o uguale a 0.05 microg/l ) in un Centro cardiologico.
Tutte le diagnosi sono state giudicate secondo la definizione universale di infarto del miocardio.
L'esito primario era la morte per qualsiasi causa. Gli esiti secondari comprendevano importanti eventi avversi cardiovascolari, come infarto miocardico non-fatale o morte cardiovascolare, e morte non-cardiovascolare.
La diagnosi indice è stata infarto del miocardio di tipo 1 o 2 o danno miocardico in 1.171 ( 55.2% ), 429 ( 20.2% ) e 522 ( 24.6% ) pazienti, rispettivamente.
A 5 anni, i tassi di mortalità per tutte le cause sono stati più elevati nei soggetti con infarto miocardico di tipo 2 ( 62.5% ) o danno miocardico ( 72.4% ) rispetto a infarto miocardico di tipo 1 ( 36.7% ).
La maggior parte delle morti in eccesso nei pazienti con infarto miocardico di tipo 2 o danno miocardico era dovuta a cause non-cardiovascolari ( hazard ratio, HR=2.32 vs infarto miocardico di tipo 1 ).
Nonostante questo risultato, i tassi di eventi avversi cardiovascolari maggiori osservati sono stati simili tra i gruppi ( 30.6% vs 32.6% ), con differenze evidenti dopo aggiustamento per le covariate ( HR=0.82 ).
In conclusione, nonostante un eccesso di morte non-cardiovascolare, i pazienti con infarto miocardico di tipo 2 o danno miocardico hanno una percentuale di eventi avversi cardiovascolari maggiori simile a quelli con infarto miocardico di tipo 1.
L'identificazione della coronaropatia di base in questa popolazione vulnerabile può aiutare a formulare terapie mirate per modificare il rischio futuro. ( Xagena2018 )
Chapman AR et al, Circulation 2018; 137: 1236-1245
Cardio2018
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