Diabete di tipo 2: la riduzione del rischio di ricovero per insufficienza cardiaca o mortalità cardiovascolare con Empagliflozin interessa pazienti sia con insufficienza cardiaca sia senza


Nuovi risultati di una sottoanalisi dello studio EMPA-REG OUTCOME, hanno mostrato come, in pazienti con diabete mellito di tipo 2 ad alto rischio di eventi cardiovascolari, la riduzione del rischio di ricovero per insufficienza cardiaca o mortalità cardiovascolare con Empagliflozin ( Jardiance ), rispetto a placebo, quando aggiunti alla terapia standard, sia stata omogenea per tutti i sottogruppi analizzati, compresi i soggetti con e senza insufficienza cardiaca al basale.
Questi risultati sono stati presentati in occasione del 2015 Meeting dell’American Heart Association ( AHA ) ad Orlando negli Stati Uniti. I dati fanno parte di una analisi predeterminata degli endpoint secondari dello studio.

Le malattie cardiovascolari, tra cui lo scompenso cardiaco, sono la principale causa di mortalità associata al diabete. Le persone con diabete mellito hanno un rischio due/tre volte maggiore di sviluppare insufficienza cardiaca, rispetto ai non-diabetici.

Inoltre, è stato dimostrato che Empagliflozin, in pazienti con diabete mellito di tipo 2, ad alto rischio di eventi cardiovascolari, riduce del 39% il rischio per l’endpoint composito di ricoveri per insufficienza cardiaca o mortalità per insufficienza cardiaca rispetto a placebo, quando aggiunto allo standard terapeutico.

EMPA-REG OUTCOME è uno studio a lungo termine, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con gruppo di controllo [ placebo ], condotto su oltre 7.000 pazienti con diabete mellito di tipo 2 ad alto rischio di eventi cardiovascolari.
Sono stati arruolati pazienti di 42 Paesi.

Lo studio è stato disegnato per valutare l’effetto di Empagliflozin ( 10 o 25 mg una volta/die ) aggiunto alla terapia standard, rispetto a placebo aggiunto a terapia standard.
La terapia standard comprendeva farmaci antidiabetici e farmaci cardiovascolari ( inclusi antipertensivi e ipolipemizzanti ).

L’endpoint primario era rappresentato dal tempo intercorso sino al verificarsi del primo fra i seguenti eventi: decesso per causa cardiovascolare o infarto del miocardio non-fatale o ictus non-fatale.

In un tempo mediano di 3.1 anni Empagliflozin ha ridotto significativamente, del 14% verso placebo, il rischio di decesso per causa cardiovascolare o infarto del miocardio non-fatale o ictus non-fatale.

La riduzione del rischio di mortalità cardiovascolare è stata del 38%, senza alcuna differenza significativa nel rischio di infarto non-fatale o ictus non-fatale.
Il trattamento con Empagliflozin ha comportato anche la riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause del 32% e del rischio di ricovero per insufficienza cardiaca del 35%.

Il profilo di sicurezza complessivo di Empagliflozin è risultato in linea con quello riscontrato in studi precedenti. L’incidenza di chetoacidosi diabetica è stata pari o inferiore allo 0.1%, ed era simile in tutti i gruppi in trattamento.

Empagliflozin è un inibitore del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 ( SGLT2 ) orale, altamente selettivo, in monosomministrazione giornaliera, approvato in Europa, negli Stati Uniti e in altri Paesi per il trattamento di adulti con diabete mellito di tipo 2.
Empagliflozin riduce la glicemia in soggetti con diabete di tipo 2, inibendo il riassorbimento renale del glucosio e determinandone l’eliminazione nelle urine.
L’inibizione del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 agisce indipendentemente dalla funzionalità delle cellule beta pancreatiche e dalle vie dell’insulina.
Empagliflozin non va assunto da pazienti con diabete di tipo 1, né come trattamento della chetoacidosi diabetica ( aumento dei chetoni nel sangue o nelle urine ). ( Xagena2015 )

Fonte: Boehringer Ingelheim, 2015

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