Evkeeza a base di Evinacumab nel trattamento dell’ipercolesterolemia familiare omozigote
Evinacumab ( Evkeeza ) trova indicazione in aggiunta alla dieta e ad altre terapie volte a ridurre il colesterolo lipoproteico a bassa densità ( colesterolo LDL ) per il trattamento dei pazienti adulti e adolescenti di età pari o superiore a 12 anni con diagnosi di ipercolesterolemia familiare omozigote ( HoFH ) con mutazione null/null e/o che non risultino a target di colesterolo LDL dopo trattamento con Evolocumab oppure non risultino a target di colesterolo LDL o non abbiano tollerato il trattamento con Lomitapide.
L’ipercolesterolemia familiare omozigote ( HoFH ) è una patologia genetica rara ( interessa circa 1 soggetto ogni 300.000 ) caratterizzata da elevati livelli di colesterolo LDL, superiori a 500 mg/dL se non-trattata, associati alla comparsa di estesi xantomi cutanei e tendinei, malattia cardiovascolare aterosclerotica fin dall’adolescenza ed elevata mortalità in giovane età.
Nella maggior parte dei casi l’ipercolesterolemia familiare omozigote è causata da
mutazioni nel gene del recettore di membrana per le LDL ( LDLR ), che normalmente consente la rimozione delle lipoproteine dal circolo ematico; in più del 10% dei casi entrano in gioco mutazioni di altri geni coinvolti nel metabolismo lipidico quali apoB, PCSK9 e LDLRAP1.
Indipendentemente dal difetto genetico, la gravità del fenotipo FH omozigote dipende dall’attività residua del recettore LDL.
Le opzioni di trattamento attualmente disponibili sono per lo più dipendenti dall’espressione di una qualche attività di LDLR; la loro efficacia è, quindi, molto ridotta in presenza di mutazioni che determinano una attività LDLR minima o assente.
L’attuale strategia terapeutica nella ipercolesterolemia familiare omozigote prevede l’impiego in prima linea delle statine ad alta potenza alla massima dose tollerata più Ezetimibe, quindi gli inibitori PCSK9 ( Evolocumab ) e Lomitapide ( l’unico farmaco con un
meccanismo LDLR-indipendente, ma limitato dai frequenti disturbi gastrointestinali e dal potenziale sviluppo di epatopatia ).
Ulteriori opzioni, non-farmacologiche, sono rappresentate dalla aferesi delle lipoproteine ( con frequenza ogni 1 o 2 settimane ) e dal trapianto di fegato.
A causa della efficacia limitata, anche se usati in combinazione, e/o della ridotta tollerabilità o disponibilità dei trattamenti attuali, i pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote spesso non riescono a raggiungere e mantenere i livelli di LDL ( minori di 100 mg/dL o, se pregressi eventi cardiovascolari, minori di 70 mg/dL ) raccomandati dalle linee guida internazionali per la riduzione del rischio cardiovascolare.
Le evidenze di efficacia e sicurezza di Evinacumab nell’ipercolesterolemia familiare omozigote sono attualmente limitate allo studio ELIPSE-HoFH, studio randomizzato 2:1, controllato verso placebo, che ha previsto una fase di trattamento in doppio cieco della durata di 24 settimane e una fase di trattamento in aperto di ulteriori 24 settimane.
Lo studio ha arruolato 65 soggetti ( di cui 2 adolescenti ) con ipercolesterolemia familiare omozigote con varie mutazioni genetiche, in trattamento con la migliore terapia ipolipemizzante possibile ( aferesi delle lipoproteine inclusa ). La maggior parte dei pazienti era in trattamento con almeno 3 ipolipemizzanti; la quasi totalità ( 93.8% ) era in trattamento con una statina ( 76.9% ad alta potenza ), il 76.9% ( n=50 ) con inibitori di PCSK9, il 75.4% ( n=49 ) con Ezetimibe, il 33.8% ( n=22 ) con aferesi e il 21.5% ( n=14 ) con Lomitapide. Nonostante questi trattamenti, il profilo lipidico al basale ha evidenziato aumentati livelli di colesterolo LDL ( 255 mg/dL ) e di altri parametri, quali ApoB e Lp(a), mentre risultavano accettabili i livelli di colesterolo HDL e di trigliceridi.
Dopo 24 settimane di trattamento, Evinacumab, in aggiunta alla terapia ipolipemizzante di base, è risultato superiore al placebo nella riduzione del colesterolo LDL ( endpoint primario ), determinando una variazione rispettivamente di -47.1% vs +1.9%, con una differenza media tra i due trattamenti di -49.0% ( IC95% da -65.0 a -33.1%, p minore di 0.0001 ) e, in termini assoluti, di -134 mg/dL. La riduzione è risultata evidente già dalla seconda settimana di trattamento e si è mantenuta fino alla 24a settimana e, in aperto, fino alla 48a settimana.
L’effetto di Evinacumab è risultato evidente anche sugli endpoint secondari, comprendenti altri parametri lipidici ( apoB -36.9%, colesterolo non-HDL -51.7% ) e differenti definizioni di risposta ( pazienti con 50% o più di riduzione del colesterolo LDL: 55.8% Evinacumab versus 4.5% placebo; pazienti con colesterolo LDL minore di 100 mg/dL: 46.5% vs 22.7%;
pazienti che soddisfano i criteri US per l’aferesi: 7.0% vs 22.7% ).
Come ulteriore endpoint, Evinacumab ha ridotto i livelli dei trigliceridi ( -50.4% rispetto al placebo ); ridotto anche il colesterolo HDL del -30% ( vs +0.8% del placebo ), portando i livelli medi da 44 mg/dL del basale a 31 mg/dL a 24 settimane, mentre minime ( -
1.9% ) sono state le variazioni della Lp(a).
Le analisi di sottogruppo rispetto a caratteristiche demografiche, varianti genotipiche e trattamento ipolipemizzante concomitante hanno evidenziato un beneficio di Evinacumab in ogni caso, sebbene la numerosità di alcuni sottogruppi sia stata estremamente limitata ( n= 2 o 3 ).
L’effetto di Evinacumab sugli eventi cardiovascolari e sulla mortalità, così come sulla qualità di vita, non è stato determinato. Allo stesso modo non è possibile prevedere l’effetto combinato della riduzione di colesterolo LDL e di colesterolo HDL sul rischio cardiovascolare.
La valutazione del profilo di sicurezza si è basata sui dati dello studio pivotal e di altri studi, condotti anche in altra patologia. Nonostante questo, l’analisi è stata comunque limitata dalla numerosità dei soggetti trattati e dalla durata dell’esposizione.
Evinacumab non ha mostrato particolari criticità. Più frequentemente si sono avute nasofaringiti ( 13.7% ) e sintomi simil-influenzali ( 7.7% ).
La reazione avversa più grave è stata l’anafilassi ( verificatasi in un paziente con ipercolesterolemia persistente ).
Per affrontare le incertezze relative alla sicurezza a lungo termine, è stato inserito come obbligo specifico dell'autorizzazione in circostanze eccezionali uno studio PASS che include il MACE ( eventi cardiovascolari maggiori ) tra i suoi endpoint.
A motivo di una efficacia dimostrata su un endpoint biochimico, in assenza di dati su eventi cardiovascolari e mortalità, così come sulla qualità di vita, il valore terapeutico aggiunto può essere considerato moderato. ( Xagena2023 )
Fonte: AIFA, 2023
Cardio2023 Endo2023 Farma2023
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