Uromodulina associata a rischio di ipertensione arteriosa e danno renale
Dalla ricerca su una rara patologia del rene arriva un suggerimento importante su come affrontare l'ipertensione arteriosa, fattore di rischio per il sistema circolatorio che solo in Italia riguarda un terzo della popolazione adulta.
Lo studio, pubblicato su Nature Medicine dal gruppo di ricerca di Luca Rampoldi dell'Istituto Telethon Dulbecco presso l'Istituto San Raffaele di Milano ha messo in luce un meccanismo che collega l'uromodulina, proteina presente nelle urine, a un rischio maggiore di sviluppare ipertensione arteriosa e danno renale.
Da anni questo gruppo di ricerca studia una rara malattia renale dovuta a difetti nel gene che contiene le informazioni per l'uromodulina, la proteina più abbondante normalmente presente nelle urine. Sebbene questa proteina sia stata scoperta più di 50 anni fa, la sua funzione biologica continua ad essere un mistero.
Il punto di partenza di questo lavoro è stata la scoperta che alcune varianti comuni del gene dell'uromodulina, in particolare della regione che ne regola l'espressione e quindi la produzione, sono associate a un rischio maggiore di sviluppare ipertensione e danno renale nel corso della vita.
I ricercatori Telethon hanno scoperto le basi biologiche di tale associazione.
Tale lavoro ha combinato studi di ricerca di base su modelli cellulari ed animali e di ricerca clinica su corti di pazienti. Il lavoro si è avvalso di diverse collaborazioni, tra cui quella in ambito clinico con il team di Paolo Manunta dell'Università San Raffaele, per studi di patologia renale con Maria Pia Rastaldi dell'Ospedale Policlinico di Milano, e per studi epidemiologici con un consorzio di università svizzere ( Berna, Ginevra, Losanna, Zurigo ).
Analizzando decine di biopsie renali e centinaia di campioni di urine di persone con pressione arteriosa e funzionalità renale normali, è stato osservato che i livelli di uromodulina variavano in base a precise sequenze nel Dna. In particolare, le persone che avevano delle varianti in grado di metterle a rischio di pressione alta o danno renale producevano molta uromodulina, a differenza dei portatori delle varianti protettive.
I ricercatori si sono quindi chiesti in che modo un alto livello di espressione del gene dell’uromodulina potesse portare a un aumento del rischio di sviluppare ipertensione o danno renale nel corso della vita.
Dal lavoro sui modelli murini è emerso che un aumento della produzione di uromodulina determina la comparsa di ipertensione già in giovane età, ma anche che una riduzione dell'apporto di sale nella dieta è sufficiente per ripristinare valori normali di pressione sanguigna.
L’ipotesi formulata è che questa proteina favorisca il riassorbimento di sale e acqua a livello renale, con un meccanismo che è stato parzialmente identificato.
Alti livelli di espressione provocano un maggiore riassorbimento di sodio, potenziando l’azione di una specifica proteina di trasporto localizzata nel rene: questo si traduce in un aumento della pressione sanguigna.
Somministrando un potente diuretico che ha come bersaglio proprio questo sistema di riassorbimento, è stato riscontrato un maggiore effetto del farmaco sulla pressione negli animali superproduttori di uromodulina.
Lo stesso meccanismo sembra essere conservato anche nell'uomo: pazienti ipertesi trattati con lo stesso diuretico hanno infatti mostrato una riduzione significativa della pressione solo se portatori delle varianti genetiche associate a maggiore espressione di uromodulina.
Altro aspetto importante emerso da questo studio è che alti livelli di espressione di uromodulina causano la comparsa di lesioni renali in età avanzata. ( Xagena2013 (
Fonte: Telethon, 2013
Med2013 MalRar2013 Cardio2013 Nefro2013
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