Studio SHIFT: la frequenza cardiaca come un fattore di rischio nello scompenso cardiaco cronico
Lo studio SHIFT ( Systolic Heart Failure treatment with the If inhibitor ivabradine ) ha mostrato che la frequenza cardiaca non solo è un marcatore di rischio ma anche un fattore di rischio per i successivi eventi cardiovascolari nei pazienti con scompenso cardiaco cronico.
Allo studio hanno preso parte 6.500 pazienti di 37 Paesi, che sono stati assegnati in modo casuale a Ivabradina ( Corlentor, Procoralan ) oppure a placebo oltre alla terapia standard per l’insufficienza cardiaca.
L’obiettivo era quello di verificare se la frequenza cardiaca a riposo all’inizio dello studio SHIFT aumentasse il rischio di eventi ripetuti.
I Ricercatori hanno analizzato l’endpoint primario composito dello studio SHIFT, rappresentato dalla mortalità cardiovascolare o dall’ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca.
L’analisi ha incluso pazienti con le più alte frequenze cardiache pretrattamento ( maggiore di 87 bpm ) e le più basse ( 70-72 ).
Nel gruppo placebo è emerso che i pazienti con le più alte frequenze cardiache presentavano un rischio 2 volte maggiore di incorrere nell’endpoint composito primario, rispetto ai pazienti con la più bassa frequenza cardiaca ( 70-72 bpm; pIl rischio di eventi dell’endpoint composito primario è aumentato del 3% per ogni incremento del battito dalla frequenza cardiaca basale e del 16% per ogni aumento di 5 battiti per minuto.
Nel gruppo Ivabradina, è stata riscontrata una diretta associazione tra la frequenza cardiaca raggiunta al giorno 28 e i successivi outcome cardiaci.
A 28 giorni, i pazienti trattati con frequenza cardiaca più bassa di 60 bpm presentavano meno eventi dell’endpoint primario composito ( 17.4% ), rispetto ai pazienti con frequenza più alta ( 75 bpm; 32.4% ).
La riduzione del rischio con Ivabradina, rispetto al placebo, era dovuto alla riduzione della frequenza cardiaca.
L’analisi ha confermato che un’alta frequenza cardiaca è un fattore di rischio nello scompenso cardiaco e che l’abbassamento selettivo della frequenza cardiaca con Ivabradina migliora gli outcome cardiovascolari. ( Xagena2010 )
Fonte: European Society of Cardiology Meeting, 2010
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