Prevenzione delle tromboembolie: terapia anticoagulante orale con Warfarin
L’efficacia della TAO nella prevenzione dell’ictus e delle tromboembolie sistemiche è stata ampiamente dimostrata in studi clinici randomizzati di prevenzione primaria e secondaria. La metanalisi di questi studi, cinque di prevenzione primaria ( AFASAK, BAATAF, CAFA, SPAF I, SPINAF ) e uno di prevenzione secondaria ( EAFT ), che hanno incluso complessivamente 2900 pazienti affetti da fibrillazione atriale non-valvolare, ha documentato che Warfarin a dosi adeguate ( range INR 2-3 ) riduce il rischio di ictus del 62%. La riduzione assoluta del rischio è stata del 2.7% per anno per la prevenzione primaria e dell’8.4% per anno per la prevenzione secondaria, con rischio emorragico associato complessivamente basso. L’incidenza annuale di emorragie maggiori è stata pari a 1.3% nei pazienti trattati con Warfarin ( vs 1% nei soggetti del gruppo placebo o controllo e 1% nei pazienti trattati con Acido Acetilsalicilico ).
E’ noto che i pazienti arruolati negli studi clinici non rispecchiano il mondo reale, in quanto accuratamente selezionati ( solo il 7-39% dei pazienti inizialmente considerati, viene effettivamente arruolato ) e seguiti con follow-up ravvicinati. Pertanto è altamente probabile che il rischio emorragico secondario alla TAO sia maggiore, anche perché influenzato non solo dal trattamento stesso, ma maggiormente da fattori intrinseci del paziente, quali età avanzata, scarsa compliance alla terapia e comorbidità rilevanti ( ipertensione non-controllata dalla terapia medica, precedenti ictus / TIA, neoplasie, cadute ricorrenti, sanguinamenti gastrointestinali, insufficienza renale ).
I fattori intrinseci al trattamento stesso, sono l’intensità e la variabilità di scoagulazione, l’adeguatezza dei follow-up e il tipo di monitoraggio della terapia, nonché l’interferenza farmacologica con altre terapie intercorrenti. Esiste, inoltre una forte relazione tra gli eventi emorragici e l’inizio della TAO. Infatti le emorragie sono più frequenti nei primi 90 giorni dall’inizio della TAO, con una frequenza doppia rispetto a quella registrata successivamente, quando l’incidenza di sanguinamenti si stabilizza. Questo problema è particolarmente rilevante negli anziani dove la TAO spesso slatentizza lesioni ad alto rischio emorragico misconosciute o occulte e dove il controllo della TAO all’inizio del trattamento può essere scarso.
Attualmente per selezionare al meglio i pazienti da candidare alla TAO sono stati pubblicati sistemi a punteggio per la stima del rischio emorragico, come l’HAS-BLED Risk Score.
Una terapia anticoagulante orale a bassa dose con ridotta intensità di scoagulazione è stata ampiamente dimostrata essere inefficace ( SPAF III, MIWAF e AFASAK II ). In particolare lo studio SPAF III ha confrontato Warfarin a basse dosi con range INR 1.2-1.5 in associazione ad Acido Acetilsalicilico ( 325 mg/die ) con Warfarin dosaggio-aggiustato. Lo studio è stato interrotto precocemente poiché l’incidenza annuale di ictus ed embolie sistemiche è risultata molto più bassa ( 1.9% per anno ) con Warfarin a dosi adeguate ( range INR 2-3 ) rispetto alla terapia di associazione ( 7.9% per anno ).
Nello studio AFASAK II è stato effettuato un confronto tra Warfarin a mini-dosi fisse ( 1.25 mg/die ), Warfarin a mini-dosi fisse ( 1.25 mg/die ) in aggiunta ad Aspirina ( 300 mg/die ), Aspirina ( 300 mg/die ) e Warfarin a dosi adeguate con range INR 2-3 in una coorte di 677 pazienti affetti da fibrillazione atriale non-valvolare. L’incidenza cumulativa di eventi primari a 1 anno è stata pari a 5.8% nei pazienti trattati con Warfarin a mini-dosi fisse, 7.2% nel gruppo Warfarin in associazione ad Aspirina, 3.6% nel gruppo Aspirina e 2.8% nel gruppo Warfarin dose-aggiustata, confermando la netta superiorità di Warfarin a dosi adeguate ( range INR 2-3 ) rispetto alle altre strategie terapeutiche.
L’inefficacia di Warfarin a basse dosi ( INR 1.1-1.6 ) è stata documentata anche nello studio PATAF, effettuato in un sottogruppo di pazienti con fibrillazione atriale e controindicazioni alla TAO dose-aggiustata.
Nello studio ACTIVE W è stata testata l’associazione Clopidogrel ( Plavix ) e Acido Acetilsalicilico in confronto a Warfarin, con dimostrazione di netta inferiorità della doppia antiaggregazione piastrinica.
Anche la strategia del controllo del ritmo, mediante cardioversione e profilassi antiaritmica della fibrillazione atriale, ha dimostrato di non garantire una protezione tromboembolica sufficiente qualora non sia accompagnata dalla TAO, come evidenziato nello studio AFFIRM, e da una meta-analisi di tutti gli studi randomizzati di confronto tra controllo della frequenza e controllo del ritmo.
Solo lo studio ATHENA ha documentato in pazienti affetti da fibrillazione atriale parossistica o persistente una significativa riduzione dell’incidenza di ictus con l’impiego di Dronedarone ( Multaq ), indipendentemente dalla contemporanea assunzione di TAO.
Il temuto rischio emorragico della TAO a dosi piene ( range INR 2-3 ), soprattutto nei pazienti più anziani, e la sostanziale inefficacia di Warfarin a basse dosi, hanno giustificato l’interesse degli studi sui farmaci antiaggreganti piastrinici.
L’efficacia dell’Aspirina nella prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale è complessivamente modesta e controversa. Sei studi clinici ( AFASAK, SPAF I, EAFT, LASAF, UK TIA e ESPS II ) hanno confrontato l’Aspirina ( a dosaggio compreso tra 50-1300 mg/die ) con il placebo.
La metanalisi di questi studi ha dimostrato che l’Acido Acetilsalicilico riduce l’incidenza di ictus del 22%.
Sebbene tutti gli studi clinici abbiano evidenziato una tendenza a una riduzione del rischio di ictus con l’Aspirina, questo è risultato significativo solo nello studio SPAF I.
Inoltre, considerando soltanto gli ictus invalidanti, attraverso l’analisi dei tre studi più ampi che hanno analizzato la gravità dell’ictus, la riduzione relativa del rischio di ictus ottenuto con l’Aspirina è solo pari al 13% .
Un’analisi eseguita nell’ambito dello studio SPAF I ha dimostrato che l’efficacia preventiva dell’Aspirina è diversa a seconda del tipo di ictus, in quanto in questo studio l’Aspirina ha prodotto una significativa riduzione del rischio di ictus non-cardioembolico, a fronte di una riduzione modesta e non-significativa degli ictus cardioembolici.
L’effetto diverso della terapia antitrombotica con Acido Acetilsalicilico in base al differente meccanismo fisiopatologico dell’ictus spiega in parte i risultati controversi ottenuti negli studi clinici ed è da considerare per la scelta della miglior profilassi antitrombotica nel singolo paziente.
Un confronto diretto tra TAO a dosi adeguate ( range INR 2-3 ) e Aspirina è stato condotto in 5 studi randomizzati ( AFASAK, EAFT, AFASAK II, PATAF, SPAF II ), che hanno arruolato 2.837 pazienti con un totale di 205 eventi ictali, durante un periodo osservazionale medio di 2.2 anni. Considerando solo gli ictus ischemici, il Warfarin a dosi aggiustate ha ridotto il rischio relativo di ictus del 46%, rispetto all’Acido Acetilsalicilico. ( Xagena2010 )
Fonte: Linee guida AIAC 2010 per la gestione e il trattamento della fibrillazione atriale, 2010
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