Anticoagulanti: i limiti del Warfarin
Il Warfarin ( anche noto come Coumadin ) è un farmaco anticoagulante cumarinico; il nome deriva dall'acronimo Wisconsin Alumni Research Foundation, infatti, venne scoperto casualmente come prodotto della fermentazione di una specie di trifoglio. Il trifoglio, fermentando, produce Dicumarolo, che a causa del suo effetto anticoagulante causò una consistente morìa di capi negli allevamenti del Wisconsin.
Inizialmente il Warfarin era ritenuto eccessivamente tossico per l'uomo, e venne impiegato come topicida.
A dare notorietà al farmaco fu l’impiego del Warfarin nel trattamento della trombosi che colpì il presidente statunitenese Eisenhower.
Sempre casualmente venne scoperto che una sostanza, denominata vitamina K ( da Koagulation ), era in grado di contrastare l'effetto fluidificante del sangue del Warfarin.
Attualmente il Warfarin trova primaria indicazione nella profilassi e nella terapia dell'embolia polmonare, della trombosi venosa profonda, della tromboembolia arteriosa associata a fibrillazione atriale cronica, a protesi valvolari cardiache meccaniche o biologiche.
La dose del Warfarin deve essere individualizzata in base alla risposta del paziente al farmaco, come indicato dal monitoraggio giornaliero del tempo di protrombina ( PT ) ed espresso secondo il Rapporto Internazionale Normalizzato ( INR ). Una dose di carico elevata può aumentare il rischio di emorragia e di altre complicanze, non offre una protezione più rapida contro la formazione dei trombi. Nei pazienti anziani, debilitati o che possono avere un INR maggiore di quello previsto in risposta all’anticoagulante, sono consigliate dosi iniziali basse di Warfarin.
La terapia iniziale con Warfarin si avvale di dosaggi da 2.5 a 5 mg al giorno con aggiustamenti della dose in base alle determinazioni dell'INR. La maggior parte dei pazienti viene mantenuta a dosaggi da 2.5 a 10 mg al giorno. La durata della terapia è individuale; in genere, la terapia anticoagulante deve essere continuata fino a cessazione del rischio di trombosi e di embolia.
I rischi più gravi associati alla terapia anticoagulante con Warfarin sono rappresentati da emorragie nei tessuti o organi e, meno frequentemente, da necrosi e/o cancrena cutanea e di altri tessuti. Il rischio di emorragia è correlato all'intensità e alla durata della terapia anticoagulante. In alcuni casi la emorragia e la necrosi hanno provocato la morte del paziente o una invalidità permanente. La necrosi sembra essere associata a trombosi locale e generalmente appare pochi giorni dopo l'inizio della terapia anticoagulante. In casi di grave necrosi è necessaria la rimozione chirurgica o l'amputazione dei tessuti coinvolti, dell'arto, della mammella o del pene.
Numerosi fattori esogeni ed endogeni, da soli o in combinazione, inclusi viaggi, variazioni della dieta, fattori ambientali, stato fisico e assunzione di altri medicinali, possono influenzare la risposta del paziente agli anticoagulanti. Solitamente è buona norma controllare la risposta del paziente con ulteriori determinazioni del tempo di protrombina espresso in INR nel periodo immediatamente successivo alla dimissione dall'ospedale e ogni qualvolta vengano assunti, sospesi o presi irregolarmente altri medicinali.
Tra i fattori endogeni che possono alterare i valori di PT/INR si segnalano in particolare: discrasie ematiche, febbre alta diarrea, ipertiroidismo, disordini epatici ( come epatite infettiva, ittero ), carenze nutrizionali, cancro, steatorrea, malattie vascolari del collagene, deficienza di vitamina K, insufficienza cardiaca congestizia.
Tra i fattori esogeni, il Warfarin può interagire con molti farmaci; alcuni di questi farmaci possono aumentare l’attività anticoagulante del Warfarin, mentre altri la riduono.
Principali meccanismi ed esempi di interazioni farmacologiche con il Warfarin:
a) Interferenza con la funzione piastrinica
L'aggregazione piastrinica è un primo passo cruciale nell’emostasi primaria. I farmaci che alterano la funzione delle piastrine, come l'Acido Acetilsalicilico e il Clopidogrel, aumentano il rischio di emorragie maggiori nei pazienti che assumono Warfarin, e lo fanno senza elevare l’INR. Gli antidepressivi, e in particolare gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina ( anche noti come SSRI ), sono in grado di inibire l'aggregazione piastrinica mediante deplezione dei livelli di serotonina piastrinica.
b) Lesioni a livello della mucosa gastrointestinale
I farmaci anti-infiammatori non-steroidei causano erosioni gastrointestinali dose- e durata-dipendenti in diversi pazienti. La maggior parte di queste erosioni sono asintomatiche, ma il rischio di emorragia viene notevolmente intensificato con il concomitante uso di Warfarin, anche in pazienti il cui INR è compreso nel range desiderato.
c) Ridotta sintesi di vitamina K da parte della flora intestinale
La risposta ipoprotrombinemica al Warfarin è influenzata dallo stato della vitamina K, che in parte dipende dalla sintesi di vitamina K2 da parte della microflora intestinale. Molti antibiotici alterano l'equilibrio della flora intestinale, rafforzando in tal modo l'effetto del Warfarin. Sebbene le interazioni di questo tipo siano prevedibili, la loro espressione è molto variabile. È opportuno agire con cautela quando si aggiunge un qualsiasi antibiotico a un regime contenente Warfarin; alcuni antibatterici ( come Cotrimossazolo e Metronidazolo e, in misura minore, i macrolidi e i fluorochinoloni ) inibiscono anche il metabolismo epatico del Warfarin.
d) Interferenza con il metabolismo del Warfarin
Il Warfarin disponibile in commercio esiste come una miscela racemica di due isomeri: il levogiro ( S-Warfarin ) e il destrogiro ( R-Warfarin ). La forma levogira è circa 5-6 volte più biologicamente attiva rispetto al destrogiro, ed è metabolizzata dall’isoenzima CYP 2C9 del citocromo P450. Di conseguenza, i farmaci che inibiscono questo enzima ( ad esempio, Amiodarone, Cotrimossazolo, Metronidazolo e Fluvoxamina ) potenziano l'effetto del Warfarin, con necessità di più bassi dosaggi dell’anticoagulante in molto pazienti. I pochi farmaci che inducono l'attività del CYP 2C9 ( ad esempio, Rifampicina ) richiedono invece dosaggi più alti di Warfarin. La forma destrogira del Warfarin è metabolizzata da enzimi epatici diversi ( CYP 3A4, CYP 1A2 e CYP 2C19 ). Poiché l’isomero destrogiro ha meno attività biologica dell’isomero levogiro, così come percorsi alternativi di eliminazione, i farmaci che inibiscono questi enzimi epatici hanno generalmente effetti meno critici sul controllo della terapia anticoagulante.
e) Interruzione del ciclo della vitamina K
Il metabolita altamente reattivo del Paracetamolo, N-acetil-p-Benzochinoneimina ( NAPQI ), inibisce la carbossilasi vitamina K-dipendente, un enzima chiave nel ciclo della vitamina K. Alcuni pazienti, dopo assunzione contemporanea di dosi standard di Paracetamolo, possono andare incontro a un rapido aumento dell’INR. ( Xagena2012 )
Fonte: Scheda tecnica del Coumadin e CMAJ, 2012
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