Aritmia e morte in seguito a rivascolarizzazione percutanea nella disfunzione ventricolare sinistra ischemica: analisi prespecificate dallo studio REVIVED-BCIS2
L’aritmia ventricolare è un’importante causa di mortalità nei pazienti con disfunzione ischemica del ventricolo sinistro.
La rivascolarizzazione con bypass aortocoronarico o intervento coronarico percutaneo è spesso raccomandata per questi pazienti prima dell'impianto di un defibrillatore cardiaco perché si presume che ciò possa ridurre l'incidenza di aritmie ventricolari fatali e potenzialmente fatali, sebbene questa premessa non sia stata valutata in uno studio randomizzato fino ad oggi.
I pazienti con grave disfunzione ventricolare sinistra, malattia coronarica estesa e miocardio vitale sono stati assegnati in modo casuale a ricevere un intervento coronarico percutaneo ( PCI ) più terapia medica e strumentale ottimale ( OMT ) oppure solo terapia medica e strumentale ottimale.
L'esito primario composito era la morte per tutte le cause o la morte improvvisa interrotta ( definita come terapia appropriata con defibrillatore cardioverter impiantabile o arresto cardiaco rianimato ) a un minimo di 24 mesi, analizzato come tempo al primo evento su base intention-to-treat ( ITT ).
Gli esiti secondari includevano morte cardiovascolare o morte improvvisa interrotta, terapia appropriata con defibrillatore cardioverter impiantabile ( ICD ) o aritmia ventricolare sostenuta e numero di terapie con defibrillatore cardioverter impiantabile appropriate.
Tra il 2013 e il 2020, sono stati arruolati 700 pazienti in 40 centri nel Regno Unito. In totale 347 pazienti sono stati assegnati al gruppo intervento coronarico percutaneo più terapia medica e strumentale ottimale e 353 al gruppo di terapia medica e strumentale ottimale da sola.
L'età media dei partecipanti era di 69 anni; l'88% erano maschi; il 56% soffriva di ipertensione; il 41% aveva il diabete; e il 53% aveva una storia clinica di infarto miocardico.
La frazione di eiezione ventricolare sinistra mediana era del 28%; il 53.1% dei pazienti aveva un defibrillatore impiantabile inserito prima della randomizzazione o durante il follow-up.
Morte per tutte le cause o morte improvvisa interrotta si è verificata in 144 pazienti ( 41.6% ) nel gruppo di intervento coronarico percutaneo e in 142 pazienti ( 40.2% ) nel gruppo di terapia medica e strumentale ottimale ( hazard ratio, HR=1.03; P=0.80 ).
Non è stata riscontrata alcuna differenza tra i gruppi nel verificarsi di alcuno degli esiti secondari.
L’intervento coronarico percutaneo non è stato associato a una riduzione della mortalità per tutte le cause o della morte improvvisa interrotta.
Nei pazienti con cardiomiopatia ischemica, l’intervento coronarico percutaneo non è vantaggioso al solo scopo di ridurre le aritmie ventricolari potenzialmente fatali. ( Xagena2023 )
Perera D et al, Circulation 2023; 148: 862-871
Cardio2023
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