Risposta eritropoietica ed esiti nella malattia renale e nel diabete mellito di tipo 2
Studi non controllati con placebo riguardanti farmaci che stimolano l’eritropoiesi ( ESA ) che hanno confrontato livelli target più bassi e più alti di emoglobina in pazienti con malattia renale cronica, hanno indicato che il fissare un intervallo target di emoglobina più basso potrebbe evitare i rischi legati a questi farmaci, ma tuttavia le strategie basate su un valore target risultano influenzate dalla risposta ematopoietica individuale di ciascun paziente.
Uno studio ha valutato la relazione tra risposta iniziale a Darbepoetina alfa ( Aranesp ) dopo 2 dosi basate sul peso, il livello di emoglobina raggiunto dopo 4 settimane, la dose successiva di Darbepoetina alfa e gli esiti in 1872 pazienti con malattia renale cronica e diabete mellito di tipo 2, non in dialisi.
Una risposta iniziale scarsa a Darbepoetina alfa ( che si è manifestata in 471 pazienti ) è stata definita come il più basso quartile di cambiamento percentuale nel livello di emoglobina ( inferiore a 2% ) dopo le prime 2 dosi standardizzate del farmaco.
I pazienti con risposta iniziale scarsa a Darbepoetina alfa hanno mostrato un livello medio di emoglobina più basso a 12 settimane e durante il follow-up rispetto ai pazienti con una miglior risposta in termini di emoglobina ( cambiamento nel livello di emoglobina compreso tra 2 e 15% o superiore ) ( P minore di 0.001 per entrambi i confronti ), nonostante la somministrazione di dosi più elevate di Darbepoetina alfa ( dose mediana 232 mg vs 167 mg; P minore di 0.001 ).
I pazienti con risposta scarsa, rispetto a quelli con risposta migliore, hanno mostrato tassi più elevati di endpoint composito vascolare ( hazard ratio aggiustato, HR=1.31 ) o mortalità ( HR=1.41 ).
In conclusione, una risposta ematopoietica scarsa a Darbepoetina alfa è risultata associata a un aumento del successivo rischio di morte o di eventi cardiovascolari via via che le dosi venivano modificate per raggiungere i valori target di emoglobina.
Benché il meccanismo di questo effetto differenziale non sia noto, queste osservazioni fanno sorgere dubbi sulle attuali strategie basate su valori target per il trattamento dell’anemia in pazienti con malattia renale cronica. ( Xagena2010 )
Solomon SD et al, N Engl J Med 2010; 363: 1146-1155
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