Infezione da papillomavirus umano: la vaccinazione è consigliata alle ragazze entro il 12° anno di età


La vaccinazione contro il papillomavirus umano ( HPV ) si è dimostrata molto efficace nel prevenire nelle donne il carcinoma della cervice uterina ( collo dell’utero ), soprattutto se effettuata prima dell'inizio dell'attività sessuale; questo perché induce una protezione maggiore prima di un eventuale contagio con il virus HPV.

Il carcinoma della cervice uterina è il secondo tumore più diffuso nelle donne. Colpisce ogni anno circa 3.500 donne e causa 1.000 decessi in Italia.
Negli ultimi venti anni la mortalità per questo tumore si è ridotta drasticamente, soprattutto grazie alla diagnosi precoce realizzata attraverso i programmi di screening ( Pap-test ).

A fianco dello screening, la vaccinazione anti-HPV può efficacemente contribuire a ridurre l’impatto del cancro del collo dell’utero, che rappresenta la prima forma tumorale riconosciuta come totalmente riconducibile a un’infezione: quella da papillomavirus umano.

Il papillomavirus umano è un virus molto comune, tanto che, secondo una stima, il 75% degli individui viene infettato nel corso della vita. Si trasmette soprattutto attraverso i rapporti sessuali, ma per contrarre l’infezione può bastare un semplice contatto nell’area genitale.
In natura ne esistono oltre 120 tipi diversi, in grado di aggredire la parete del collo dell’utero e produrre differenti tipi di alterazioni: alcuni sono responsabili di lesioni benigne ( ad esempio i condilomi ), altri producono, invece, lesioni in grado di evolvere in cancro.

Circa il 70% di tutte le lesioni pretumorali sono attribuibili a due tipi di papillomavirus ( il 16 e il 18 ), mentre quasi il 90% dei condilomi è causato dai tipi 6 e 11.

Non tutte le infezioni da HPV producono lesioni che poi possono evolvere in cancro. Anzi, la maggior parte di esse ( circa l’80% ) è temporanea e regredisce spontaneamente. Soltanto quelle che diventano croniche ( una minoranza ) possono trasformarsi nell’arco di 7-15 anni in una lesione tumorale.

Il fatto che il tumore del collo dell’utero sia di origine infettiva consente di adottare contro questa malattia una strategia diversa per le altre forme di tumore.
Attraverso la vaccinazione contro il virus HPV è infatti possibile interrompere all’origine la catena che dall’infezione porta al cancro.
Se grazie al vaccino l’organismo è in grado di contrastare l’infezione da papillomavirus, allora non si potranno verificare i cambiamenti delle cellule del collo dell’utero, che portano allo sviluppo del tumore.

Sono disponibili, oggi, due vaccini contro il papillomavirus:

Vaccino bivalente: protegge contro i tipi 16 e 18 ( i tipi di virus in grado di causare le lesioni pretumorali );

Vaccino quadrivalente: offre una protezione anche contro i tipi 6 e 11 ( quelli che causano il maggior numero di condilomi ).

Entrambi i vaccini hanno un'efficacia elevata, se somministrati prima che la persona sia stata contagiata con il virus HPV, che si acquisisce, di norma, subito dopo l’inizio dell’attività sessuale.
Inoltre inducono una migliore risposta immunitaria nelle persone più giovani.
Per questo motivo la campagna di vaccinazione contro il papillomavirus è indirizzata alle bambine di età compresa tra gli 11 e i 12 anni.

La vaccinazione in questa classe di età, secondo le informazioni scientifiche oggi disponibili, consente di prevenire, nella quasi totalità dei casi, l’insorgenza di una infezione persistente dei due ceppi virali, che più frequentemente provocano il tumore della cervice uterina.
Ambedue i vaccini sembrano presentare un certo grado di protezione verso altri ceppi di papilloma virus. ( Xagena2014 )

Fonte: Ministero della Salute, 2014

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