Inibitori SGLT2 e chetoacidosi diabetica: segnalazione degli eventi avversi dal database FAERS dell'FDA


Gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 ( SGLT2i ) sono indicati per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 e possono anche migliorare il controllo glicemico nel diabete di tipo 1.

Nel 2015, le Agenzie regolatorie hanno segnalato che gli inibitori SGLT2 possono favorire la chetoacidosi diabetica.

È stata effettuata una analisi dettagliata dei report sulla chetoacidosi diabetica in cui un inibitore SGLT2 era stato segnalato tra i farmaci sospetti o concomitanti nel database FAERS ( US Food and Drug Administration Adverse Event Reporting System ).

Il database FAERS contiene più di 2.500 report sulla chetoacidosi diabetica in cui gli inibitori SGLT2 sono elencati come farmaci sospetti o concomitanti.

Il PRR ( Proportional Reporting Ratio ) di chetoacidosi diabetica in report che includevano un inibitore SGLT2, rispetto a quelli che non-includevano un SGLT2i e che presentavano l'indicazione di diabete mellito, è stato pari a7.9 ed è stato più alto per il diabete mellito di tipo 1.

Diverse condizioni concomitanti erano meno frequenti nelle segnalazioni della chetoacidosi diabetica con i report degli inibitori di SGLT2, rispetto alle segnalazioni di chetoacidosi diabetica presentate per altri farmaci.

Una analisi dettagliata dei 2.397 report della chetoacidosi diabetica per gli inibitori SGLT2 dal 2014 al 2016 ha rivelato una predominanza di donne, una gamma estremamente ampia di età e peso corporeo e una durata variabile del trattamento con inibitori SGLT2 prima dell'inizio della chetoacidosi diabetica.
In 37 individui ( 1.54% ) la chetoacidosi diabetica ha avuto esito fatale.

Sulla base del profilo di queste segnalazioni, la chetoacidosi diabetica associata agli inibitori SGLT2 potrebbe non essere limitata a una particolare sottopopolazione demografica o a comorbilità, e può verificarsi in qualsiasi momento durante l'uso di inibitori di SGLT2. ( Xagena2017 )

Fadini GP et al, Diabetologia 2017; 60: 1385-1389

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