Emofilia: quadro clinico ed epidemiologia


L'emofilia è una malattia, congenita ed ereditaria, del sangue, in cui vi è una produzione ridotta o assente di alcuni fattori plasmatici della coagulazione ( fattore VIII nell'emofilia A e fattore IX nell'emofilia B ).
La gravità dell’emofilia dipende dal tipo di difetto genetico e quindi dal grado di mancanza del fattore della coagulazione.

I problemi tipici dell’emofilia sono rappresentati dalle emorragie. Circa il 60% degli emofilici è colpito dalla forma più grave, che provoca sanguinamento dopo estrazioni dentarie, interventi chirurgici o traumi, emorragie interne che appaiono spontanee o dopo piccoli traumi, emorragie articolari ( emartri ) ripetute, che possono portare a problemi cronici con perdita della normale mobilità articolare. Un quarto delle persone con emofilia, invece, soffre di una forma lieve, che può anche passare inosservata, fino al manifestarsi d’importanti emorragie dopo traumi o interventi chirurgici. In queste persone, l'emofilia può essere diagnosticata casualmente in età adulta, in seguito ad esami del sangue eseguiti per altri motivi o dopo che la malattia è stata diagnosticata in un familiare.

La manifestazione clinica principale è l’emartro, cioè un sanguinamento articolare spontaneo o secondario a traumi di lieve entità. Maggiormente colpite risultano le ginocchia, i gomiti e le tibiotarsiche rispetto alle altre articolazioni. Il ripetersi di questi episodi emorragici determina un’infiammazione del tessuto sinoviale, la cosiddetta sinovite reattiva. E’ a questo punto che questo processo infiammatorio, dapprima acuto poi cronico, favorisce l’instaurarsi di una degenerazione cronica e progressiva di tutte le strutture articolari, l’artropatia appunto. Inoltre, nei pazienti emofilici compaiono anche ematomi muscolari, che complicano ulteriormente il quadro clinico.

L’emofilia è una malattia rara: in Italia ne soffrono circa 3.000 persone - quasi esclusivamente maschi - a cui bisogna aggiungere i pazienti affetti da patologie della coagulazione affini all’emofilia, per un totale di circa 6.000 persone. L’emofilia A ha un’incidenza di 1:5.000 nati maschi, mentre l’emofilia B ha un’incidenza di 1:30.000 nati maschi, entrambe le patologie sono molto rare nei nati femmine.

Le uniche possibilità di cura sono affidate alla somministrazione endovenosa di concentrati del fattore carente. Ancora fino alla metà degli anni '60, l'unico trattamento disponibile era quello offerto dalle trasfusioni di sangue o di plasma. L'introduzione dei crioprecipitati e, soprattutto quella dei concentrati liofilizzati, rappresentò un primo importante passo verso una migliore qualità di vita del paziente. Rimaneva però aperto un grave problema: quello della trasmissione, attraverso i plasma derivati, di agenti infettivi ( epatite A, B, C e HIV ).
L'ingegneria genetica ha fornito un significativo contributo in questa direzione, offrendo un'alternativa alla preparazione di prodotti sostitutivi dei fattori della coagulazione derivanti da processi di frazionamento e purificazione del plasma umano. Dal 1992 sono così divenuti disponibili prodotti ricombinanti che, rispetto agli emoderivati, hanno fortemente ridotto il rischio di trasmissione virale. ( Xagena2009 )

Fonte: Fondazione Angelo Bianchi Bonomi, 2009


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