Antipsicotici e rischio di tromboembolismo venoso
I pazienti con schizofrenia presentano un aumentato rischio di tromboembolismo venoso, e questo potrebbe essere associato all'uso di antipsicotici, soprattutto farmaci a bassa potenza come Clorpromazina e Tioridazina.
Tra gli antipsicotici atipici, la Clozapina ( Leponex ) è stata associata a tromboembolismo venoso in giovani pazienti con patologie psichiatriche, ma i dati provenienti da studi osservazionali di ampie dimensioni hanno suggerito che altri antipsicotici atipici presentano un rischio simile, soprattutto tra i nuovi utilizzatori ed i pazienti anziani. Fino ad ora, tuttavia, la possibilità che gli stessi disturbi psichiatrici, e non gli antipsicotici, siano associati a tromboembolismo venoso non è mai stata esclusa. Ciò potrebbe verificarsi, ad esempio, per l'aumento della concentrazione di adrenalina durante l'eccitazione psicotica, in grado di aumentare la coagulazione del sangue.
In uno studio caso-controllo, basato su un’ampia popolazione, sono stati inclusi pazienti di cure primarie di età superiore ai 16 anni che stavano assumendo antipsicotici. In quasi il 99% dei casi, il motivo della prescrizione di antipsicotici non si è potuto accertare. La maggior parte dei farmaci antipsicotici utilizzati era costituita dagli agenti convenzionali, con Proclorperazina ( Stemetil ), probabilmente somministrati per nausea e vomito, che rappresentano quasi l'80% di tutte le prescrizioni.
Si è rilevato che l'uso di antipsicotici era associato ad un aumento significativo del rischio di tromboembolismo venoso ( odds ratio, OR=1.32 ). La validità delle conclusioni è rafforzata dalla numerosità del campione e dal basso potenziale di esposizione e di errata interpretazione degli esiti, per via della dettagliata fonte di dati e adeguamento per un gran numero di fattori di confondimento.
I rischi più elevati sono stati per Quetiapina ( Seroquel; rischio maggiore di quasi quattro volte ) e per gli antipsicotici a bassa potenza, piuttosto che per quelli ad alta potenza.
I nuovi utilizzatori di antipsicotici sembravano presentare un rischio maggiore rispetto agli utilizzatori abituali, mentre non è stato visto alcun effetto nei pazienti che hanno smesso di assumere il farmaco.
Questi risultati hanno indicato che il tromboembolismo venoso è direttamente collegato all'uso di un antipsicotico, e che il rischio di tromboembolismo venoso precoce aumenta dopo l'inizio dell’assunzione del farmaco.
I meccanismi con cui gli antipsicotici contribuiscono al tromboembolismo venoso rimangono poco chiari. La stasi venosa può essere esacerbata da un’eccessiva sedazione.
Le anomalie metaboliche ( dislipidemia, aumentate concentrazioni plasmatiche di leptina e glucosio, iperomocisteinemia, e aumento di peso ), documentate soprattutto tra gli utilizzatori di antipsicotici atipici, possono essere associate a ridotta attività fibrinolitica, ma esse impiegano mesi o anni per manifestarsi, e si verificano solo negli utilizzatori a lungo termine.
I pazienti trattati con antipsicotici convenzionali e Clozapina hanno mostrato alti livelli circolanti di lupus anticoagulante ed anticorpi anticardiolipina, ma questi sono raramente associati a tromboembolismo.
Cambiamenti nella funzione piastrinica, coagulazione del plasma, o fibrinolisi sono suscettibili di essere responsabili per l'aumento di eventi trombotici perché il tromboembolismo venoso si è verificato all'inizio e durante il trattamento di breve durata; inoltre, il rischio di tromboembolismo venoso era più alto quando gli antipsicotici sono stati iniettati.
Gli agenti convenzionali, tra cui Clorpromazina ( Largactil ), Flufenazina ( Anatensol ), Flupentixolo ( Fluanxol ), Trifluoperazina ( Modalina ) e Aloperidolo ( Haldol ), sono stati associati a una maggiore aggregazione piastrinica. L’inibizione dei recettori piastrinici 5-idrossitriptamina 2A da Clozapina, Olanzapina ( Zyprexa ) e Risperidone ( Risperdal ) è in grado di modulare la densità e affinità dei recettori, ma non aumenta uniformemente l'adesione e l’aggregazione piastrinica.
Anche se il tromboembolismo venoso è curabile, ha un tasso di mortalità a 3 mesi del 15-18%, e si stanno accumulando prove che l'uso di antipsicotici sia un fattore di rischio per questa patologia. Tuttavia, in linea con le stime precedenti, i ricercatori hanno trovato un basso rischio assoluto di tromboembolismo venoso correlato agli antipsicotici ( 4 casi aggiuntivi per 10.000 pazienti trattati in un anno ), ed i medici dovrebbero prendere in considerazione questo rischio al momento di prendere decisioni cliniche. La rarità di tali eventi avversi non giustifica una profilassi antitrombotica nei pazienti trattati con antipsicotici, senza altre condizioni mediche per le quali è indicato questo trattamento preventivo.
Nonostante la loro associazione con gravi rischi e pochi dati per sostenere la loro efficacia, gli antipsicotici sono ampiamente utilizzati, e nel 2008 sono diventati la classe di farmaci al top di vendita negli Stati Uniti, davanti ai farmaci per il controllo dei lipidi e agli inibitori della pompa protonica.
Gli antipsicotici sono spesso utilizzati, soprattutto per il trattamento dell'agitazione nei pazienti con demenza.
Nella pratica clinica, sarebbe opportuno essere in grado di individuare sia i migliori candidati per il trattamento antipsicotico, ossia i pazienti con il più basso profilo di rischio vascolare che possono rispondere a un trattamento di breve durata e a basso dosaggio con farmaci antipsicotici a causa di caratteristiche farmacogenetiche individuali, sia i pazienti che possono essere più suscettibili allo sviluppo di effetti collaterali a causa di fattori individuali di rischio vascolare che potrebbero eventualmente interagire con gli antipsicotici. ( Xagena2010 )
Liperoti R, Gambassi G, BMJ 2010; 341:c4216
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