Risultati deludenti per Avastin nel carcinoma mammario
Due studi che hanno valutato Bevacizumab ( anche noto come Avastin ) nel tumore alla mammella hanno fornito risultati deludenti.
Nello studio BEATRICE, Bevacizumab associato alla chemioterapia non ha migliorato gli esiti nel tumore alla mammella triplo negativo, in fase precoce.
Nello studio LEA, Bevacizumab non ha mostrato alcun beneficio come trattamento aggiuntivo alla terapia ormonale nel carcinoma mammario avanzato.
Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration ( FDA ), nel 2011, aveva ritirato l’autorizzazione all'uso di Avastin nel cancro della mammella, dopo che gli studi richiesti dalla Agenzia regolatoria come condizione alla sua autorizzazione accelerata per il carcinoma mammario HER2-negativo metastatico, non erano riusciti a confermare i vantaggi nella sopravvivenza libera da progressione.
Studio BEATRICE
Lo studio BEATRICE ha riguardato 2.591 donne con cancro invasivo, precoce, della mammella triplo negativo che avevano iniziato il trattamento chemioterapico adiuvante con un taxano o con una antraciclina, o con entrambi i farmaci.
Le donne sono state assegnate in modo casuale a 4-8 cicli di terapia citotossica ( a scelta del medico curante ) da sola o con l'aggiunta di 5 mg/kg alla settimana di Bevacizumab.
La terapia è poi proseguita per un 1 anno.
Riguardo all'endpoint primario, i tassi di sopravvivenza libera da malattia invasiva sono stati pari a 83.7% con Bevacizumab rispetto al 82.7% nel gruppo di controllo, per un hazard ratio ( HR ) di 0.87 ( P=0,181 ).
I risultati provvisori riguardo alla sopravvivenza generale, con solo il 59% del numero pianificato di eventi, ha indicato un rapporto di rischio di 0.84 per Bevacizumab rispetto alla sola chemioterapia ( p=0.232 ).
Sotto l’aspetto tossicologico sono stati riscontrati con Bevacizumab rischi cardiovascolari simili a quelli osservati con Trastuzumab.
La riduzione della frazione di eiezione del10% sotto la soglia di ingresso del 50% è risultata più comune nel braccio Bevacizumab.
L’insufficienza cardiaca di classe NYHA III o IV si è verificata, rispettivamente, nello 0.5% e 0.6% delle pazienti trattate con Bevacizumab; nessun caso è stato segnalato nel gruppo solo chemioterapia.
Studio LEA
Nello studio LEA, sono state reclutate donne a cui era stato diagnosticato cancro alla mammella localmente avanzato o metastatico, inoperabile; le donne erano in postmenopausa, con tumori estrogeni e/o progesterone-positivi e HER2-negativi.
Il tempo mediano alla progressione nelle pazienti trattate con Letrozolo ( Femara ) o Fulvestrant ( Faslodex ) è stato di 13.8 mesi rispetto ai 18.4 mesi per le pazienti che avevano ricevuto terapia endocrina più Bevacizumab ( p=0.14 ).
La differenza di 4.6 mesi tra i due bracci ha comportato una riduzione del 17% del rischio di progressione della malattia, contro un endpoint primario di riduzione prevista del 31%.
Inoltre, l’aggiunta di Bevacizumab alla terapia endocrina non ha avuto alcun impatto sulla sopravvivenza globale.
La sopravvivenza mediana globale tra le 189 donne assegnate alla sola terapia endocrina è stata di 42 mesi, mentre la sopravvivenza globale mediana tra le 191 donne che avevano ricevuto terapia endocrina più Bevacizumab è stata di 41 mesi ( P=0.469 ).
Nell’arco di 4 anni, 42 donne sono morte in ciascun braccio.
Il 90%, circa, delle donne sono state trattate con Letrozolo, e circa il 10% ha invece ricevuto Fulvestrant.
Rispetto alle pazienti sottoposte solamente a terapia endocrina, l'aggiunta di Bevacizumab ha comportato un eccesso di: neutropenia ( 11.2% nel braccio Bevacizumab vs 5.7% nel braccio solo terapia endocrina; p=0.001 ), leucopenia ( 24.6% vs 20%; p=0.001 ), trombocitopenia ( 19.3% vs 9.1%; p=0.006 ).
Non sono state osservate differenze significative nel numero di pazienti con eventi avversi di grado 3 o 4. ( Xagena2012 )
Fonte: SABCS Meeting, 2012
Onco2012 Gyne2012 Farma2012
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