L’agonista dell'ormone di rilascio delle gonadotropine non è efficace nel preservare la funzione ovarica e la fertilità nelle sopravvissute a linfoma trattate con chemioterapia
In precedenza era stato riportato che dopo 1 anno di follow-up, l’agonista dell'ormone di rilascio delle gonadotropine ( GnRHa ) non ha impedito l’insufficienza ovarica precoce indotta dalla chemioterapia nelle pazienti con linfoma, ma può fornire protezione alla riserva ovarica.
E’ stata riportata l'ultima analisi della coorte dopo 5 anni di follow-up.
In totale 129 pazienti con linfoma sono state assegnate in modo casuale a ricevere Triptorelina più Noretisterone ( gruppo GnRHa ) o Noretisterone da solo ( gruppo di controllo ) durante la chemioterapia.
La funzione ovarica e la fertilità sono state riportate dopo 2, 3, 4, 5 e 7 anni di follow-up.
L'endpoint primario era l’insufficienza ovarica prematura, definita come un valore di ormone follicolo-stimolante ( FSH ) almeno superiore a 40 UI/l dopo 2 anni di follow-up.
67 pazienti di 26.21 anni di età in media avevano dati disponibili dopo un tempo mediano di follow-up di 5.33 anni nel gruppo GnRHa e 5.58 anni nel gruppo di controllo ( P=0.452 ).
È stato osservato un aumento significativo del rischio di insufficienza ovarica prematura nelle pazienti in base all’età ( P=0.047 ), regime di condizionamento per il trapianto di cellule staminali ematopoietiche ( P=0.002 ) e dose cumulativa di Ciclofosfamide superiore a 5 g/m2 ( P=0.019 ), ma non per la somministrazione concomitante di GnRHa durante la chemioterapia ( odds ratio, OR=0.702; P=0.651 ).
La riserva ovarica, valutata utilizzando l’ormone antimulleriano ( AMH ) e i livelli di ormone follicolo-stimolante, è risultata simile in entrambi i gruppi.
Il 53% e il 43% hanno raggiunto la gravidanza nel gruppo GnRHa e nel gruppo di controllo, rispettivamente ( P=0.467 ).
In conclusione, questa è la prima analisi a lungo termine che conferma che GnRHa non è efficace nella prevenzione dell’insufficienza ovarica prematura indotta da chemioterapia in pazienti giovani affette da linfoma e non ha influenzato il futuro tasso di gravidanza.
Questi risultati riaprono il dibattito sul beneficio del farmaco, in quanto non dovrebbe essere raccomandato come standard per la conservazione della fertilità nelle pazienti con linfoma. ( Xagena2016 )
Demeestere I et al, J Clin Oncol 2016; 34: 2568-2574
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