Studio ACCORD: rischio cardiovascolare nei pazienti con diabete mellito


Lo studio ACCORD ( Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes ) ha riguardato pazienti adulti con diabete mellito di tipo 2 ad alto rischio di malattia cardiovascolare ( infarto miocardico, ictus, o mortalità per cause cardiovascolari ).

Lo studio ACCORD si compone di 3 studi clinici, che hanno valutato approcci terapeutici tesi a ridurre l’alta incidenza di eventi cardiovascolari maggiori.
Questi 3 approcci consistono in:

a) riduzione intensiva dei livelli di glicemia rispetto al trattamento standard;

b) riduzione intensiva della pressione sanguigna rispetto alla terapia standard;

c) trattamento dei lipidi plasmatici con una combinazione di farmaci, costituita da un fibrato e da una statina, rispetto alla monoterapia con una statina.

L’arruolamento nello studio ACCORD ha preso avvio nel 2001 in 77 Centri degli Stati Uniti e in Canada, e ha interessato un totale di 10.251 partecipanti.
Al momento dell’arruolamento i pazienti avevano un’età compresa tra 40 e 79 anni ( età media: 62 anni ); erano affetti da diabete da almeno 10 anni, e presentavano un alto rischio di eventi cardiovascolari perché avevano già una malattia cardiovascolare, evidenza di malattia cardiovascolare subclinica, oppure presentavano almeno 2 fattori di rischio cardiovascolare oltre al diabete mellito di tipo 2.

Studio ACCORD - Lipidi

I pazienti con diabete mellito di tipo 2 molto spesso presentano alti livelli di colesterolo LDL, basso colesterolo HDL, e alti livelli di trigliceridi.
Le statine sono farmaci efficaci nel ridurre il colesterolo LDL. Diversi studi clinici hanno dimostrato che le statine riducono l’incidenza di infarto del miocardio e la mortalità cardiovascolare.
I fibrati sono, invece, impiegati per aumentare i livelli di colesterolo HDL e per abbassare i trigliceridi.
Non c’è alcuna evidenza che l’uso di fibrati associati a una statina siano in grado di ridurre il rischio di infarto miocardico e di ictus nei pazienti con diabete mellito di tipo 2.

La Simvastatina ( Zocor; in Italia anche: Sinvacor, Sivastin etc ) è stata somministrata a tutti i partecipanti per controllate i livelli di colesterolo LDL.
I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere un fibrato ( Tricor: Fenofibrato; Trilipix: Acido Fenofibrico ), oppure placebo, con modalità in doppio cieco.
Non era stato fissato nessun specifico target per i livelli di colesterolo HDL e per i trigliceridi.

In generale, il gruppo fibrato e il gruppo placebo non hanno presentato differenze riguardo all’incidenza di outcome combinati di infarto miocardico, ictus, o mortalità cardiovascolare. I risultati, tuttavia, hanno indicato che gli uomini possono beneficiare di questo trattamento, ma è stato riscontrato un trend verso una maggiore incidenza di problemi cardiovascolari nelle donne riceventi la terapia di combinazione, rispetto alle donne che avevano ricevuto solamente la statina.
Anche il gruppo di pazienti, che all’inizio dello studio aveva il più basso livello di colesterolo HDL combinato con un alto livello di trigliceridi ( che rappresentava solo il 17% dei partecipanti ), ha tratto beneficio da questo trattamento farmacologico combinato, ma questo potrebbe anche essere dovuto al caso.

Studio ACCORD – Glicemia

Il diabete aumenta il rischio di sviluppo di malattia cardiovascolare. Tuttavia, molti degli studi che hanno mostrato questo effetto erano osservazionali.
Alcuni studi clinici hanno valutato gli effetti della riduzione della glicemia mediante trattamento medico. Lo studio UKPDS ( United Kingdom Prospective Diabetes Study ), lo studio DCCT/EDIC ( Diabetes Control and Complications Trial/Epidemiology of Diabetes Interventions and Complications ), e altri studi clinici, hanno dimostrato benefici nell’abbassamento dei livelli di glicemia nelle persone con diabete:

a) per ogni calo di punto percentuale nell’emoglobina glicosilata ( HbA1C ), il rischio di complicanze oculari, nervose e renali si riduce del 40%. L’abbassamento della glicemia diminuisce le complicanze microvascolari sia nel diabete di tipo 1 che in quello di tipo 2;

b) il controllo intensivo della glicemia nelle persone con diabete mellito di tipo 1 ( emoglobina glicosilata media pari a 7.4% ) riduce il rischio di qualsiasi evento cardiovascolare del 42% e il rischio di infarto miocardico, ictus, o di mortalità da malattia cardiovascolare del 57%:

c) negli adulti con più recente insorgenza di diabete di tipo 2, rispetto ai partecipanti allo studio ACCORD, l’UKPDS ha mostrato un trend verso una riduzione degli eventi cardiovascolari, soprattutto infarto miocardico. I risultati non sono tuttavia considerati conclusivi.

Nessun precedente studio clinico maggiore aveva verificato la relazione tra abbassamento degli aumentati livelli di glicemia ad un livello simile a quello delle persone senza diabete e riduzione del rischio di malattia cardiovascolare. In aggiunta nessun precedente studio clinico aveva studiato gli effetti dell’abbassamento intensivo della glicemia nelle persone con diabete mellito di tipo 2 di lunga durata d’azione che soffrivano già di malattia cardiovascolare o avevano fattori di rischio multipli per la malattia cardiovascolare in aggiunta al diabete.

Nello studio ACCORD sono state impiegate tutte le classi di farmaci, approvate dall’FDA, per il trattamento del diabete. I farmaci inclusi comprendevano ( in ordine di frequenza d’uso ): Metformina, tiazolidinedioni ( Rosiglitazone, Pioglitazone ), insuline iniettabili, sulfoniluree ( Gliclazide, Glimepiride, Glipizide, Gliburide ); Acarbosio ed Exenatide.
Per raggiungere gli obiettivi di emoglobina glicata potevano essere impiegate combinazioni di farmaci.

Il tipo, il numero, e i dosaggi dei farmaci variavano, dipendendo dalle necessità dei singoli partecipanti e dai loro obiettivi di HbA1C. Ad esempio, la Metformina era impiegata in circa il 95% dei partecipanti nel gruppo intensivo, e in circa l’87% dei partecipanti nel gruppo standard. L’Insulina era usata in circa il 77% dei pazienti del gruppo intensivo e in circa il 55% dei pazienti nel gruppo standard.

I partecipanti nel gruppo intensivo avevano più probabilità di assumere una combinazione di farmaci, rispetto ai pazienti nel gruppo standard. Ad esempio, il 52% dei partecipanti nel gruppo intensivo assumeva 3 farmaci per os e Insulina, contro il 16% dei pazienti nel gruppo standard.

Nel corso di una revisione dei dati, il Data and Safety Monitoring Board ( DSMB ) ha notato un’inaspettato aumento della mortalità totale per qualsiasi causa tra i partecipanti che erano stati assegnati alla strategia intensiva o alla strategia standard.
L’analisi dei dati ha mostrato che nel corso di 3.5 anni di trattamento ( range: 2-7 anni ), 257 pazienti nel gruppo intensivo erano morti, contro 203 nel gruppo standard, una differenza di 54 morti, o un eccesso di circa 3 morti ogni 1000 pazienti trattati per un anno. Questo si è tradotto in un tasso del 22% più elevato ( dato statisticamente significativo ) nel gruppo approccio intensivo, rispetto all’approccio standard.

E’ stato riscontrato un trend verso un più basso tasso ( 10% ) di eventi, soprattutto infarto miocardico non-fatale, nel gruppo intensivo rispetto al gruppo standard. Tuttavia il DSMB ha raccomandato di interrompere il trattamento intensivo a causa del non-favorevole rapporto rischio-beneficio. I partecipanti sono stati trasferiti al gruppo standard.

In generale, il tasso di mortalità in entrambe le strategie per il controllo della glicemia è risultato più basso rispetto a quello visto nei pazienti con diabete di tipo 2 con caratteristiche simili. Tuttavia, anche se la mortalità era più alta nel gruppo di trattamento intensivo che nel gruppo standard, era ancora più bassa rispetto ai tassi di mortalità riportati in altri studi riguardanti il diabete di tipo 2.

Coloro che hanno partecipato al gruppo intensivo hanno raggiunto più bassi livelli di glicemia rispetto ai pazienti del gruppo standard.
Un livello HbA1C, inferiore al 6.4% è stato raggiunto in metà del gruppo intensivo, e un livello inferiore al 7.5% in metà dei soggetti del gruppo standard. Questi livelli sono stati mantenuti in media per il periodo di studio della durata di 3.5 anni.

I Ricercatori ACCORD hanno analizzato i dati disponibili e non sono stati in grado di identificare una causa specifica per la più alta incidenza di mortalità tra i partecipanti al gruppo intensivo.

Studio ACCORD – Pressione sanguigna

Molti studi osservazionali hanno mostrato che esiste una continua relazione tra il livello della pressione sanguigna e il rischio di malattia cardiovascolare, come infarto miocardico o ictus.
Ci sono dati che suggeriscono che per i pazienti con diabete mellito di tipo 2 sono da preferire i più bassi valori di pressione sistolica. Tuttavia non esiste nessuna evidenza da studi clinici randomizzati che abbia mostrato in modo definitivo che l’abbassamento della pressione sistolica a livelli definiti normali sia in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari nei pazienti con diabete e con elevata pressione sanguigna.

Nello studio ACCORD sono stati impiegati tutti i farmaci approvati dall’FDA. Questi comprendevano: diuretici, Ace inibitori, beta-bloccanti, e calcioantagonisti.
La maggior parte dei pazienti necessitava di diversi farmaci per controllare la pressione sanguigna ai livelli target.

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo di trattamento intensivo o al gruppo di trattamento standard.
L’obiettivo nel gruppo intensivo era una pressione sanguigna al di sotto di 120 mmHg, che è stata raggiunta alla fine del primo anno di trattamento ed è rimasta al di sotto di questo valore per la parte rimanente dello studio.
Nel gruppo standard, l’obiettivo era una pressione inferiore a 140 mmHg, ed è stata raggiunta una pressione sistolica media attorno a 134 mmHg.

Gravi eventi avversi sono stati relativamente non-comuni. Ci sono stati più casi di ipotensione e di bradicardia nel gruppo intensivo. Sono stati anche riscontrati più casi di bassi o alti livelli di potassiemia, così come più casi di cambiamento della funzione renale, ma non è stato osservato nessun aumento nel numero di casi di dialisi o di insufficienza renale nel gruppo intensivo, rispetto al gruppo standard nel corso dello studio.

Non c’è stata nessuna significativa differenza nell’outcome primario tra il trattamento intensivo e quello standard. L’endpoint primario era rappresentato dalla prima presentazione dopo randomizzazione di un infarto miocardico, di un ictus, o di un evento fatale per cause cardiovascolari.
L’ipotesi primaria dello studio ACCORD BP non è stata dimostrata. Tuttavia, è stata osservata una riduzione significativa nell’incidenza di ictus, sebbene i numeri fossero relativamente piccoli. Questa riduzione nell’ictus era in linea con quella di precedenti studi di riduzione della pressione sanguigna.
Dallo studio ACCORD BP è emerso che il trattamento standard ha prodotto benefici quanto quello intensivo riguardo agli esiti cardiovascolari. ( Xagena2010 )

Fonte: National Heart Lung and Blood Institute, 2010


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