Diabete di tipo 2: sintesi delle principali evidenze in soggetti con malattia cardiovascolare e/o malattia renale cronica
Benefici cardiovascolari degli inibitori di SGLT2 e agonisti recettoriali di GLP1
Diversi studi clinici randomizzati hanno dimostrato per gli inibitori di SGLT2 e gli agonisti
recettoriali di GLP1 rilevanti benefici in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari
maggiori e della mortalità cardiovascolare nei pazienti con malattia cardiovascolare
accertata o multipli fattori di rischio.
Per gli inibitori di SGLT2 è stato dimostrato un effetto maggiore sulla riduzione delle
ospedalizzazioni per scompenso cardiaco ( hazard ratio, HR 0.68; IC 95%, 0.63-0.73; NNT 71 in un follow-up di circa 3 anni ) con un probabile effetto di classe.
Nell’ambito degli agonisti recettoriali di GLP1 gli effetti cardiovascolari sono più evidenti
( e riconosciuti nell’indicazione approvata ) per alcuni principi attivi ( Dulaglutide, Exenatide
LAR, Liraglutide, Semaglutide per via sottocutanea e orale ).
Per questa categoria di farmaci l’effetto sembra essere più rilevante sulla riduzione dell’ictus ( HR 0.84; IC 95%, 0.76-0.93; NNT 209 in un follow-up di circa 3 anni ) rispetto agli altri eventi cardiovascolari.
I benefici clinici ottenuti con gli inibitori di SGLT2 e gli agonisti recettoriali di GLP1 appaiono
indipendenti dai livelli di emoglobina glicata di partenza e risultano maggiori nei soggetti
con malattia cardiovascolare accertata.
Benefici renali degli inibitori di SGLT2 e degli agonisti recettoriali di GLP1
Consistenti evidenze hanno documentato un beneficio degli inibitori di SGLT2 e, in minor
misura, degli agonisti recettoriali di GLP1 sulla progressione del danno renale. Tali evidenze
sono basate su endpoint secondari compositi clinici ( quali la mortalità per cause renali o la
necessità di terapia sostitutiva renale ) e non-clinici ( quali il raddoppio dei livelli di
creatininemia o la riduzione di una percentuale variabile di VFG [ velocità di filtrazione glomerulare ] o la comparsa / progressione di albuminuria ).
Solo per Canagliflozin e Dapagliflozin sono stati condotti studi specifici che hanno dimostrato primariamente un beneficio nel rallentare la progressione del danno renale nei pazienti macroalbuminurici e con VFG iniziale ridotta ( valori iniziali compresi tra 89 e 30 mL/min per Canagliflozin e tra 75 e 25 mL/min per Dapagliflozin ): per l’endpoint composito renale HR 0.70; IC 95%, 0.59-0.82 con Canagliflozin e HR 0.64; IC 95%, 0.52-0.79 con Dapagliflozin.
Inibitori di DPP4
Per quanto riguarda la classe degli inibitori di DPP4 i risultati degli studi clinici randomizzati non hanno indicato alcun beneficio sugli esiti cardiovascolari ( per Saxagliptin è stato osservato addirittura un maggior rischio di scompenso cardiaco, RR 1.22; IC 95%, 1.03-
1.44 ) e nessun ruolo protettivo sulla progressione della malattia renale.
Per tali ragioni, gli inibitori di DPP4 dovrebbero rappresentare farmaci di seconda scelta nei soggetti con malattia renale cronica, malattia cardiovascolare o con fattori di rischio per malattia
cardiovascolare.
Da tenere comunque in considerazione il buon profilo di tollerabilità, la maneggevolezza e la semplicità d’uso ampiamente dimostrata da questi farmaci. ( Xagena2023 )
Fonte: AIFA, 2023
Endo2023 Nefro2023 Cardio2023 Farma2023
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