Effetti di Dapagliflozin su sviluppo e progressione della malattia renale in pazienti con diabete di tipo 2: analisi dallo studio DECLARE-TIMI 58


Gli inibitori del co-trasportatore-2 sodio-glucosio ( SGLT2 ) hanno mostrato effetti benefici sugli esiti renali principalmente nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata.

Sono state riportate le analisi degli esiti renali con l’inibitore SGLT2 Dapagliflozin ( Forxiga ) nello studio sugli esiti cardiovascolari DECLARE-TIMI 58, che includeva pazienti con diabete mellito di tipo 2 con e senza malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata e per la maggior parte con funzionalità renale preservata.

In DECLARE-TIMI 58, pazienti con diabete di tipo 2, HbA1c 6.5-12.0% ( 47.5-113.1 mmol/mol ), con malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata o fattori di rischio multipli e clearance della creatinina di almeno 60 ml/min sono stati assegnati in modo casuale a 10 mg di Dapagliflozin oppure a placebo una volta al giorno.

Un esito composito cardiorenale secondario prespecificato è stato definito come un declino sostenuto di almeno il 40% nella velocità di filtrazione glomerulare stimata ( eGFR ) inferiore a 60 ml/min per 1.73 m2, malattia renale allo stadio terminale ( definita come dialisi per almeno 90 giorni, trapianto renale o eGFR sostenuta confermata inferiore a 15 ml/min per 1.73 m2 ) o morte per cause renali o cardiovascolari; l'esito composito renale prespecificato era lo stesso con l'esclusione dlela morte per cause cardiovascolari.

In questa analisi renale, sono stati riportati i risultati per i componenti di questi esiti compositi, l'analisi dei sottogruppi di questi esiti compositi e i cambiamenti nell'eGFR in diversi momenti temporali.

Lo studio è stato condotto tra il 2013 e il 2018; il follow-up mediano è stato di 4.2 anni. Dei 17.160 partecipanti assegnati in modo casuale, 8.162 ( 47.6% ) avevano un eGFR di almeno 90 ml/min per 1.73 m2, 7.732 ( 45.1% ) avevano un eGFR compreso tra 60 e meno di 90 ml/min per 1.73 m2 e 1.265 ( 7.4% ) avevano un eGFR inferiore a 60 ml/min per 1.73 m2 al basale ( un partecipante aveva dati mancanti per eGFR ); 6.974 (40.6% ) presentavano malattie cardiovascolari aterosclerotiche accertate e 10.186 ( 59.4% ) presentavano molteplici fattori di rischio.

Come precedentemente riportato, l’esito composito secondario cardiorenale si è significativamente ridotto con Dapagliflozin rispetto al placebo ( hazard ratio HR 0.76; P minore di 0.0001 ); escludendo la morte per cause cardiovascolari, l'hazard ratio per l'esito specifico renale è stato pari a 0.53 ( P minore di 0.0001 ).

È stata identificata una riduzione del 46% nel declino sostenuto di eGFR da almeno il 40% a meno di 60 ml/min per 1.73 m2 ( 120, 1.4%, vs 221, 2.6%; HR 0.54; P minore di 0.0001 ).

Il rischio di malattia renale allo stadio terminale o di morte per cause renali è stato inferiore nel gruppo Dapagliflozin rispetto al gruppo placebo ( 11, 0.1%, vs 27, 0.3%; HR 0.41; P=0.012 ).

Sia gli esiti compositi cardiorenali sia renali specifici sono migliorati con Dapagliflozin rispetto al placebo in vari sottogruppi prespecificati, inclusi quelli definiti da eGFR basale ( P interazione di esito cardiorenale=0.97; P interazione di esito renale specifico=0.87 ) e la presenza o assenza di malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata ( P interazione di esito cardiorenale=0.67; P interazione specifica di esito renale=0.72 ).

6 mesi dopo la randomizzazione, la riduzione media di eGFR è stata maggiore nel gruppo Dapagliflozin rispetto al gruppo placebo.
La variazione media si è equilibrata a 2 anni e a 3 e 4 anni la riduzione media di eGFR è risultata maggiormente inferiore con Dapagliflozin che con placebo.

Dapagliflozin è sembrato prevenire e ridurre la progressione della malattia renale rispetto al placebo in questa popolazione ampia e diversificata di pazienti con diabete mellito di tipo 2 con e senza malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata, la maggior parte dei quali aveva conservato la funzionalità renale. ( Xagena2019 )

Mosenzon O et al, Lancet Diabetes & Endocrinology 2019; 7: 606-617

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