Pazienti con diabete mellito di tipo 2: strategie aggressive per il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare
Nel corso dell’Annual Meeting dell’American College of Cardiology ( ACC ) sono stati presentati i risultati di 3 strategie terapeutiche aggressive nei pazienti con diabete mellito di tipo 2. I risultati sono stati sorprendenti, in alcuni casi la terapia era inefficace ed in altri anche dannosa.
Uno studio ha valutato l’ipotesi che valori pressori sistolici al di sotto di 120 mmHg potessero essere di aiuto nel proteggere i pazienti con diabete mellito dalla malattia cardiaca.
Nello studio ACCORD BP, metà dei 4.773 partecipanti allo studio è stato sottoposto a terapia intensiva con l’obiettivo di abbassare la pressione sistolica al di sotto di 120 mmHg; l’altra metà aveva invece come obiettivo quello di abbassare la pressione sistolica ad di sotto di 140 mmHg.
E’ stato osservato che la più bassa pressione sanguigna non era associata alla prevenzione dell’infarto miocardico o di mortalità cardiovascolare; inoltre i pazienti trattati in modo più intensivo sono andati incontro a più gravi effetti indesiderati ( iperpotassiemia, ipotensione ).
Un secondo studio, che ha coinvolto 6.400 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2, ha verificato se l’abbassamento della pressione sistolica al di sotto di 130 mmHg fosse in grado di produrre benefici rispetto a coloro la cui presisone rimaneva compresa tra 130 e 140 mmHg.
Dallo studio è emerso che i pazienti che avevano una più bassa pressione sanguigna presentavano un rischio del 50% maggiore di ictus, infarto miocardico o morte.
Le conclusioni dello studio potrebbero imporre una revisione delle lineeguide che raccomandano di ridurre la pressione sistolica a 130 mmHg o valore inferiore.
Lo studio ACCORD Lipid ha valutato l’effetto di una combinazione di un fibrato ( Fenofibrato ) con una statina ( Simvastatina ) nei pazienti con diabete di tipo 2.
Lo studio, che ha interessato 5.518 pazienti, assegnati al trattamento con l’associazione Fenofibrato e Simvastatina , oppure alla sola Simvastatina, non ha mostrato alcuna riduzione nell’incidenza di eventi cardiovascolari fatali, infarto miocardico non-fatale, o ictus non-fatale, rispetto alla sola Simvastatina.
Lo studio NAVIGATOR, braccio Nateglinide, ha esaminato l’ipotesi che un rapido aumento della glicemia dopo un pasto sia pericoloso e possa permettere lo sviluppo di malattia cardiaca.
Il trattamento per 5 anni con Nateglinide, un farmaco che favorisce la secrezione di insulina, non ha ridotto né l’incidenza di diabete né quella degli eventi cardiovascolari.
Nello studio NAVIGATOR, braccio Valsartan, il trattamento per 5 anni con il sartano ha prodotto solo una modesta riduzione ( 14% ) dell’incidenza di diabete, ma, cosa sorprendente, non ha abbassato il tasso di eventi cardiovascolari. ( Xagena2010 )
Fonte: ACC Meeting, 2010
Cardio2010 Endo2010 Farma2010
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