La fecondazione in vitro non è in grado di influenzare il declino della fertilità associato all’avanzare dell’età


Gli esiti del trattamento di fertilizzazione in vitro ( FIV ) sono generalmente riportati in termini di gravidanze per ciclo di FIV, anche se la prima preoccupazione delle coppie riguarda la possibilità di partorire un bambino vivo nel corso dell’intero corso di trattamento.

Ricercatori statunitensi hanno stimato i tassi cumulativi di nati vivi nelle donne sottoposte al loro primo ciclo di FIV con trasferimento di embrioni freschi, non da donatore, tra il 2000 e il 2005 in un grosso Centro.

Le coppie sono state seguite fino alla fine del trattamento o fino alla nascita di un bambino vivo.

Le analisi sono state stratificate in base all’età della madre e portate a termine utilizzando sia metodi ottimistici sia conservativi.
Nel metodo ottimistico si assume che le pazienti che non ritornano per successivi cicli di FIV abbiano le stesse possibilità di portare a termine una gravidanza con la nascita di un bambino vivo rispetto a quelle che continuano il trattamento. Nel metodo conservativo si assume invece che non ci siano nati vivi tra le pazienti che invece non si sottopongono più a cicli di FIV.

Tra le 6.146 pazienti sottoposte a 14.248 cicli, il tasso di nati vivi dopo 6 cicli è stato del 72% con l’analisi ottimistica e del 51% con quella conservativa.
Tra le pazienti di età inferiore ai 35 anni, i tassi corrispondenti dopo 6 cicli sono stati dell’86% e del 65%, mentre tra quelle con 40 o più anni sono stati registrati tassi del 42% e 23%.

Il tasso cumulativo di nati-vivi diminuisce con il crescere dell’età e le curve di stratificazione dell’età ( minore di 35 vs maggiore o uguale a 40 ) sono risultate significativamente diverse le une dalle altre.

In conclusione, questi risultati indicano che la fecondazione in vitro può superare il problema dell’infertilità nelle giovani donne, ma non è in grado di influenzare il declino della fertilità legato all’avanzare dell’età. ( Xagena2009 )

Malizia BA et al, N Engl J Med 2009; 360: 236-243


Gyne2009


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