Studio CARE-MS I: Alemtuzumab vs Interferone beta-1a come primo trattamento nella sclerosi multipla recidivante-remittente
L’anticorpo monoclonale anti-CD52 Alemtuzumab ( Lemtrada ) ha ridotto l’attività di malattia in uno studio di fase 2 su pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente non-trattati in precedenza.
Uno studio di fase 3 ha valutato efficacia e sicurezza di Alemtuzumab come trattamento di prima linea rispetto a Interferone beta-1a.
Nello studio della durata di 2 anni, randomizzato e controllato e di fase 3, sono stati arruolati adulti di età compresa tra 18 e 50 anni con sclerosi multipla recidivante-remittente non-trattati in precedenza.
I partecipanti idonei all’inclusione sono stati assegnati in maniera casuale e in un rapporto 2:1, con stratificazione per sito, a ricevere Alemtuzumab per via intravenosa alla dose di 12 mg al giorno o Interferone beta-1a ( Rebif ) alla dose di 44 mcgg per via sottocutanea.
Interferone beta-1a è stato somministrato 3 volte a settimana e Alemtuzumab una volta al giorno per 5 giorni al basale e una volta al giorno per 3 giorni a 12 mesi.
Gli endpoint coprimari erano il tasso di recidiva e il tempo all’accumulo di disabilità sostenuto per 6 mesi in tutti i pazienti che avevano ricevuto almeno una dose del farmaco in studio.
Nello studio, 187 ( 96% ) dei 195 pazienti assegnati in maniera casuale a Interferone beta-1a e 376 ( 97% ) dei 386 assegnati ad Alemtuzumab sono stati inclusi nell’analisi primaria.
In totale, 75 ( 40% ) pazienti del gruppo Interferone beta-1a hanno mostrato recidiva ( 122 eventi ) rispetto a 82 ( 22% ) pazienti nel gruppo Alemtuzumab ( 119 eventi; rate ratio, RR=0.45; p inferiore a 0.0001 ), che corrisponde a un miglioramento del 54.9% con Alemtuzumab.
Sulla base di stime di Kaplan-Meier, il 59% dei pazienti nel gruppo Interferone beta-1a è risultato libero da recidiva a 2 anni, rispetto al 78% dei pazienti nel gruppo Alemtuzumab ( p inferiore a 0.0001 ).
Venti ( 11% ) pazienti nel gruppo Interferone beta 1a hanno mostrato accumulo sostenuto di disabilità rispetto a 30 ( 8% ) nel gruppo Alemtuzumab ( hazard ratio, HR=0.70; p=0.22 ).
Il 90% ( 338 ) dei pazienti nel gruppo Alemtuzumab ha mostrato reazioni legate alla infusione; di questi, il 3% ( 12 ) è stato considerato grave.
Infezioni, in genere di gravità da lieve a moderata, si sono manifestate in 253 ( 67% ) pazienti trattati con Alemtuzumab versus 85 ( 45% ) di quelli trattati con Interferone beta-1a.
Il 16% ( 62 ) dei pazienti trattati con Alemtuzumab ha mostrato infezioni da herpes ( soprattutto cutaneo ), contro il 2% ( 3 ) dei pazienti trattati con Interferone beta-1a.
A 24 mesi, 68 ( 18% ) pazienti nel gruppo Alemtuzumab ha sviluppato eventi avversi associati alla tiroide rispetto a 12 ( 6% ) nel gruppo Interferone beta-1°, e 3 ( 1% ) hanno avuto trombocitopenia immune rispetto a nessuno nel gruppo Interferone beta 1a.
Due pazienti nel gruppo Alemtuzumab hanno sviluppato carcinoma papillare della tiroide.
In conclusione, il profilo di sicurezza di Alemtuzumab e il beneficio in termini di riduzione della recidiva ne supportano l’utilizzo in pazienti con pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente non-trattata in precedenza; tuttavia, il beneficio in termini di endpoint di disabilità notati in studi precedente non sono stati osservati in questo studio. ( Xagena2012 )
Cohen JA et al, Lancet 2012; 380: 1819-1828
Neuro2012 Farma2012
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