Tumore ovarico epiteliale: terapia di seconda linea


La terapia del tumore ovarico che recidiva dopo una prima linea di trattamento è un trattamento palliativo.

Tra gli scopi di un trattamento chemioterapico successivo al primo vi possono essere, a seconda dei casi ed in diversa misura :

- la palliazione dei sintomi

- un miglioramento della qualità di vita

- ritardare il momento della progressione di malattia sintomatica

- prolungare la sopravvivenza.

Una questione di grande attualità concerne quali siano i tempi ottimali di inizio di un trattamento di seconda linea dopo il fallimento della terapia precedente.

La risposta ad un trattamento chemioterapico alla recidiva è legato alle dimensioni del tumore ( risposta peggiore per malattia di 5 cm o più ) ed al performance status della paziente.

Una paziente con recidiva di tumore ovarico deve essere trattata considerando attentamente l’intervallo libero da malattia dopo il trattamento di prima linea, il volume di malattia, la presenza di singole o multiple sedi di malattia, la presenza di sintomi, il performance status e le eventuali tossicità da pregressa chemioterapia ( neurotossicità, insufficienza renale ).

Sulla base dell’intervallo libero da malattia dopo il trattamento chemioterapico di prima linea si possono suddividere le pazienti con recidiva di tumore ovarico in due categorie:

1) pazienti che presentano recidiva di malattia entro 6 mesi dal termine del primo trattamento, o non responsivi alla terapia con Platino di prima linea ;

2) pazienti con intervallo libero da malattia maggiore di 6 mesi.

Le pazienti del primo gruppo hanno una malattia cosiddetta Platino-resistente e dimostrano una scarsa probabilità di risposte alla chemioterapia in genere.
Le pazienti del secondo gruppo hanno viceversa un’elevata probabilità di rispondere ad un nuovo trattamento con Platino ( malattia Platino-sensibile ) o ad altri agenti chemioterapici.

Malattia Platino-refrattaria o Platino-resistente

La prognosi dei pazienti in questa fase di malattia risulta invariabilmente infausta.
La sopravvivenza libera da progressione, nonostante l’impiego di nuovi farmaci, è di 3,6 mesi mentre la sopravvivenza globale è di 9,5 mesi.

I farmaci che si sono dimostrati più efficaci nel trattamento chemioterapico di seconda linea della recidiva del tumore ovarico sono il Topotecan, la Doxorubicina liposomiale pegilata, l’Etoposide, la Gemcitabina, la Vinorelbina, il Docetaxel, il Paclitaxel e l’Oxaliplatino.
Le percentuali di risposta osservate ( risposte complete e risposte parziali ) rimangono del tutto insoddisfacenti ( 4-27% ).

Nessuno studio randomizzato ha dimostrato una differenza significativa in sopravvivenza globale tra i diversi farmaci confrontati.

Alla luce dei dati fino ad ora disponibili non esiste un farmaco di scelta. Il trattamento andrà così pianificato tenendo conto della tossicità osservata con la terapia di prima linea, del profilo di tossicità del farmaco, del performance status, della qualità di vita, delle modalità di somministrazione, delle capacità di accesso della paziente alla struttura e dei costi del farmaco.

Malattia Platino-sensibile

In una paziente con almeno 6 mesi di intervallo libero da malattia dopo una chemioterapia di prima linea è indicato un trattamento chemioterapico di seconda linea a base di Platino.
Il tasso di risposte al trattamento di seconda linea, sia con Platino che con altri farmaci, aumenta con l’aumentare dell’intervallo libero da malattia.
In questo sottogruppo di pazienti è, inoltre, auspicabile valutare un nuovo trattamento di citoriduzione chirurgica ottimale prima di un nuovo trattamento chemioterapico, o una chirurgia di intervallo, anche se non vi sono studi che abbiano evidenziato chiaramente che la citoriduzione chirurgica secondaria conferisca un vantaggio in sopravvivenza ed il suo ruolo resta controverso.

Analisi multivariate mostrano comunque che la citoriduzione è una delle più importanti variabili che influenzano la sopravvivenza ed alcuni studi, pur numericamente piccoli, hanno mostrato un aumento di sopravvivenza statisticamente significativa nelle pazienti sottoposte a citoriduzione.

I farmaci che si sono dimostrati più efficaci nel trattamento chemioterapico di seconda linea della recidiva del tumore ovarico sono il Topotecan, la Doxorubicina liposomiale pegilata, l’Etoposide, la Gemcitabina, la Vinorelbina, il Docetaxel, l’Oxaliplatino. Più controverso il ruolo dell’Epirubicina e della Doxorubicina. Da riservare a casi selezionati l’Ifosfamide.

In letteratura sono riportati diversi studi di confronto tra i singoli farmaci. Solo uno di questi è stato però in grado di dimostrare la superiorità di uno dei due farmaci: la Doxorubicina liposomiale è risultata più attiva del Topotecan, determinando un prolungamento significativo della sopravvivenza nelle pazienti Platino-sensibili ( HR = 1.43 ).

I risultati degli studi ICON4 e OVAR 2.2 hanno evidenziato che, perlomeno nel sottogruppo di pazienti considerati Platino-sensibili, il trattamento polichemioterapico con Platino e Taxolo è superiore rispetto al trattamento con il solo Platino sia in termini di risposte obiettive che di sopravvivenza libera da progressione che di sopravvivenza a 2 anni.

La superiorità di una combinazione chemioterapica verso la monoterapia con Carboplatino nelle pazienti recidivate Platino-sensibili, è stata confermata da uno studio clinico randomizzato che ha confrontato Carboplatino + Gemcitabina versus il solo Carboplatino.

Poiché la probabilità di risposta ad una nuova terapia con Platino è correlata alla lunghezza dell’intervallo libero da malattia, probabilmente in relazione a fenomeni di farmacoresistenza, alcuni Autori hanno valutato la possibilità di incrementare questo intervallo artificiosamente, trattando le pazienti Platino-sensibili, che recidivano con farmaci diversi dal Platino, e riservando un secondo trattamento con Platino a quando i farmaci diversi dal Platino non dimostrino più attività.

Un altro potenziale beneficio del prolungare l’intervallo libero da trattamento con Platino è la possibilità di evitare potenziali tossicità cumulative. La validità di tale strategia è tuttavia ancora controversa e ancora oggetto di studio.

Le pazienti che vanno incontro a progressione dopo due regimi consecutivi di monochemioterapia o polichemioterapia senza evidenza di beneficio clinico, difficilmente beneficeranno di ulteriori trattamenti chemioterapici e dovrebbero essere inserite negli studi clinici o avviate alla miglior terapia di supporto.

Fonte. Lineeguida AIOM, 2007

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