Vitamina D: marcatore prognostico nel cancro al seno trattato con terapia standard più Acido Zoledronico


Da una analisi preliminare dello studio AZURE è emerso che le pazienti affette da tumore alla mammella con insufficienti livelli di vitamina D hanno una prognosi meno favorevole dopo la terapia standard più Acido Zoledronico ( Zoledronato; Zometa ), rispetto a quelli con livelli normali di vitamina D.

Lo studio AZURE ( N Engl J Med 2011 ) aveva messo a confronto la terapia standard con o senza Acido Zoledronico 4 mg in 3.360 pazienti con carcinoma mammario di stadio II-III.

L'Acido Zoledronico è indicato per ridurre e ritardare le complicanze ossee nei pazienti oncologici con metastasi ossee.

Dopo un periodo di follow-up mediano di 53.3 mesi, non è stata trovata alcuna differenza tra i gruppi di trattamento per l'endpoint primario di sopravvivenza libera da malattia ( hazard ratio [ HR ] per Acido Zoledronico, 1.15 ).
Tuttavia una analisi dei sottogruppi ha mostrato significativi benefici nelle donne in post-menopausa ( HR=0.75 ).

In un sottogruppo di 872 pazienti dello studio originale, sono stati esaminati i livelli basali sierici di 25-Idrossivitamina-D [ 25(OH)D ], propeptide N-terminale del procollagene di tipo I ( PinP; un marcatore della formazione ossea ), e telopeptide C-terminale del collagene di tipo I ( beta-CTx; un marcatore di riassorbimento osseo ) per vedere se esisteva correlazione con i risultati.

Un livello PinP al di sopra di 70 ng/mL è stato considerato anormale, come un livello di beta-CTx al di sotto di 0.299 ng/mL.
Per la vitamina D, i livelli al di sotto di 30 ng/mL sono stati considerati insufficienti.

Quasi la metà delle donne nel sottogruppo ( 46.9% ) erano in premenopausa; il 30.5% era in postmenopausa da più di 5 anni, e il 14.1% era in postmenopausa da meno di 5 anni.

Dall'analisi è emerso che né i livelli di PinP né quelli di beta-CTX erano predittivi di esito. In particolare, non sono emerse differenze significative tra i pazienti con livelli anormali di PinP e quelli con livelli normali sia nel tempo alla recidiva ossea ( HR=1.15, p=0.5957 ) sia nel tempo alla recidiva a distanza ( HR=0.86; P=0.4098 ).

Allo stesso modo, i pazienti con normali e anormali livelli di beta-CTX hanno presentato tempi simili alla recidiva ossea ( HR=1.43, p=0.592 ) e tempi alla recidiva a distanza ( HR=1.21, p=0.2559 ).

Dallo studio è emerso che PinP non sembra avere alcun valore prognostico nel predire sia la recidiva ossea sia la recidiva a distanza.
E’ stata osservata una tendenza che indica che gli alti valori di CTx sono associati a prognosi non-favorevole, senza tuttavia essere statisticamente significativo sia per la recidiva ossea sia per la recidiva a distanza.

Al contrario, sufficienti livelli di vitamina-D hanno predetto in modo significativo un più basso rischio di recidiva ossea ( HR=0.11, p=0.0257 ).
E’ stata riscontrata anche una tendenza verso una prognosi migliore per recidiva a distanza ( HR=0.56; p=0.0519 ).

Infine, le donne in post-menopausa con sufficienti livelli di vitamina D appaiono trarre più vantaggio dal trattamento con Acido Zoledronico ( HR=0.09 ), rispetto a quelli con livelli insufficienti ( HR=0.72 ), tale differenza si è avvicinata alla significatività statistica ( P=0.0747 ).

Le donne in premenopausa hanno risposto meno bene all’Acido Zoledronico, senza alcun impatto dei livelli sufficienti ( HR=1.45 ) o insufficienti ( HR=1.44 ) di vitamina D.

Fonte: 35th Annual San Antonio Breast Cancer Symposium ( SABCS ), 2012


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