Niraparib migliora gli esiti nelle pazienti con carcinoma ovarico
Dallo studio di fase 3 NOVA è emerso che la terapia di mantenimento con Niraparib, un inibitore PARP, ha migliorato la sopravvivenza libera da progressione ( PFS ) rispetto al placebo nei pazienti con carcinoma ovarico ricorrente portatori di una mutazione BRCA della linea germinale ( gBRCA ) o deficit di ricombinazione omologa ( HRD ).
Niraparib ha migliorato la sopravvivenza mediana libera da progressione di 15.5 mesi rispetto al placebo per i pazienti risponder alla chemioterapia a base di Platino, e che trasportavano una mutazione gBRCA.
In quelli con tumori non-mutati per gBRCA con positività per HRD, è stato riscontrato con Niraparib un vantaggio di sopravvivenza libera da progressione di 9.1 mesi rispetto al placebo.
La maggior parte delle donne a cui è stato diagnosticato un carcinoma ovarico avanzato andrà incontro a una ricaduta della malattia, anche in caso di risposta iniziale alla chemioterapia.
Lo studio NOVA ha arruolato più di 500 pazienti in due coorti indipendenti che hanno assegnato in modo casuale i pazienti in un rapporto 2-1 a ricevere Niraparib al dosaggio di 300 mg al giorno oppure placebo.
La prima coorte ha arruolato pazienti con mutazioni gBRCA e la seconda individui che non avevano positività per gBRCA, ma erano HRD-positivi o HRD-negativi.
Il gruppo HRD-positivo potrebbe includere le donne con alterazioni somatiche BRCA.
L’identificazione di HRD è stata condotta utilizzando il test MyChoice HRD.
Le pazienti nello studio soffrivano di carcinoma alle ovaie, carcinoma alle tube di Falloppio, o carcinoma peritoneale primario sieroso ad alto grado, tutti confermati istologicamente, o avevano una nota mutazione gBRCA.
Tutte le pazienti avevano ricevuto almeno due precedenti cicli di terapia a base di Platino ed erano considerate Platino-sensibili.
L'endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione, con misure secondarie di esito incentrate sulla sopravvivenza e la sicurezza complessiva.
La sopravvivenza mediana libera da progressione nelle portatrici della mutazione gBRCA era di 21.0 mesi con Niraparib contro 5.5 mesi con placebo, con un miglioramento del 73% del rischio di progressione o di mortalità.
Per le donne con tumori HRD-positivi, la sopravvivenza mediana libera da progressione era di 12.9 mesi con Niraparib contro 3.8 mesi con placebo.
Niraparib ha continuato a mostrare un beneficio rispetto al placebo nelle pazienti con tumore ovarico a prescindere dallo status HRD o gBRCA.
Nella coorte di pazienti con mutazioni non-gBRCA che erano HRD-positive o HRD-negative, la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 9.3 mesi con Niraparib contro 3.9 mesi con placebo, con un miglioramento del 55% con l'inibitore PARP.
Gli eventi avversi di grado 3 o 4 più frequentemente osservati con Niraparib erano trombocitopenia ( 28.3% ), anemia ( 24.8% ) e neutropenia ( 11.2% ).
Nel complesso, il 14.7% delle pazienti ha interrotto il trattamento con Niraparib durante lo studio contro il 2.2% delle donne nel braccio di controllo.
I tassi di sindrome mielodisplastica secondaria o leucemia mieloide acuta sono risultati simili tra i bracci Niraparib e placebo ( 1.3% versus 1.2%, rispettivamente ).
Questi dati hanno mostrato che Niraparib è attivo in una popolazione di pazienti con tumore ovarico, e non solo in presenza delle mutazioni BRCA della linea germinale. ( Xagena2016 )
Fonte: Tesaro, 2016
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