Tempesta di citochine dopo somministrazione di TGN1412, un anticorpo superagonista: le fasi successive


La gravità delle condizioni dei 6 volontari ai quali era stato somministrato l’anticorpo monolonale superagonista TGN1412 indusse i medici di Parexel a ricoverare i 6 pazienti presso il Northwick Park and St Mark’s Hospital di Londra.

La somministrazione del farmaco sperimentale aveva causato una cascata di citochine proinfiammatorie, con comparsa di cefalgia, mialgia, nausea, diarrea, eritema, vasodilatazione ed ipotensione, mediamente dopo 60 minuti dall’infusione.

I pazienti presentavano infiltrati polmonari e danno polmonare, insufficienza renale e coagulazione intravascolare disseminata.

Il primo paziente ad essere ricoverato ( dopo 12 ore dalla somministrazione di TGN1412 ) fu il paziente 6 che divenne ipoteso ( pressione sanguigna 65/40mmHg ), con comparsa di acidosi metabolica e marcato distress respiratorio con ipossiemia refrattaria al trattamento con ossigeno.
Il paziente, dopo essere stato intubato e sottoposto a ventilazione meccanica, è stato ricoverato nell’Unità di Terapia Intensiva.
Il paziente presentava gravi alterazioni emodinamiche, coagulative e della funzionalità polmonare.

Il timore che tutti i pazienti seguissero lo stesso decorso indusse i medici di Parexel a trasferire tutti gli altri pazienti nell’Unità di Terapia Intensiva.
Erano trascorse 16 ore dall’infusione.

Tra la 16.a e la 20.a ora dopo l’infusione di TGN1412, i pazienti andarono incontro ad ulteriori segni di deterioramento respiratorio: tutti e 6 i pazienti presentarono segni di tachipnea, uso di muscoli accessori, incapacità a completare le frasi parlate, ed infiltrati polmonari bilaterali alla radiografia toracica, con 2 pazienti con sintomi di dispnea.
C’era anche evidenza di sostanziale danno renale e coagulazione intravascolare disseminata, in tutti e 6 i pazienti.
Tutti i pazienti presentavano grave linfopenia e monocitopenia con risparmio di neutrofili.

Mediamente dopo 16 ore dall’infusione di TGN1412, tutti i pazienti ricevettero trattamento empirico con 1mg di Metilprednisolone per via endovenosa, con somministrazioni successive dopo 40 e 64 ore.

Tutti i pazienti furono trattati, quotidianamente per 3 giorni, anche con un anticorpo che antagonizza il recettore dell’interleuchina-2 ( IL-2 ), Daclizumab, con inizio mediamente 25.5 ore dopo l’infusione.
Questo trattamento è stato sospeso dopo 3 giorni di assenza di linfocitosi indotta da TGN1412.

Ai pazienti è stata somministrata anche Ranitidina 50mg per via endovenosa ogni 8 ore e Clorfeniramina 10mg.

I pazienti dall’1 al 4 sono sttai sottoposti, come trattamento di supporto, a pressione aerea positiva continua ( CPAP ), mentre i pazienti dal 5 al 6 a ventilazione meccanica.
Per il presentarsi di oliguria, acidosi metabolica e con livelli di creatinina in aumento, tutti i pazienti ebbero necessità di supporto renale mediante emofiltrazione venovenosa continua entro 36 ore dall’infusione di TGN1412.

A tutti i pazienti furono sostituiti i componenti del sangue mediante infusione di plasma e di crioprecipitato per correggere la coagulopatia.

A causa della grave linfopenia, ai pazienti furono infuse emazie e piastrine irradiate per evitare la possibile insorgenza di GVHD ( graft-versus-host disease ).

I pazienti dall’1 al 4 continuarono ad avere febbre intermittente, mialgia e diffuso flushing eritematoso per 48 ore; questi sintomi successivamente diminuirono in modo marcato.
Il trattamento immunomodulatorio in questi 4 pazienti fu ridotto e la somministrazione endovenosa di Idrocortisone fu sostituita da Prednisolone per os ( durata totale del trattamento con corticosteroidi: 21 giorni ).
Dopo una media di 28 ore fu sospesa l’emofiltrazione.
La pressione aerea positiva continua fu interrotta dopo 4 ore in un paziente e, mediamente, dopo 77 negli altri 3.

I pazienti 5 e 6 ebbero invece un decorso più complesso, sebbene inizialmente la febbre e l’eritema diminuirono 48 ore dopo l’infusione.
Successivamente questi 2 pazienti andarono incontro a febbre ricorrente, aumentata permeabilità vascolare periferica e a episodi di flushing eritematoso diffuso della durata di alcuni giorni.
Entrambi i pazienti necessitarono di intubazione e ventilazione meccanica.

Nel paziente 6 fu osservata ischemia periferica che si risolse lentamente, con l’eccezione delle aree di necrosi delle dita delle mani e dei piedi.

Nei successivi 30 giorni, tutti i pazienti presentarono desquamazione generalizzata ( più marcata nei pazienti 5 e 6 ) e debolezza muscolare alla dimissione dal Reparto di Terapia Intensiva.
Cinque pazienti presentarono mialgia tardiva e cefalea dopo interrunzione dell’assunzione dei corticosteroidi, difficoltà di concentrazione e difficoltà nel breve periodo a trovare le parole ( soprattutto i nomi ).
Tre pazienti presentarono iperalgesia ritardata e 2 manifestarono parestesia periferica.

I medici dell’Unità di Terapia Intensiva riscontrarono una grave trombocitopenia, inizialmente accompagnata da coagulazione intravascolare disseminata.
Tutti i pazienti presentarono lieve anemia normocitica che è persistita oltre la dimissione dal Reparto di Terapia Intensiva, e fu seguita da una lenta ripresa.
Il numero dei neutrofili risultarono preservati nella fase iniziale, per poi aumentare in risposta ai corticosteroidi, ma all’apparenza risultarono displastici.
In tutti i pazienti dopo 8 ore dall’infusione di TGN1412 fu riscontrata una marcata linfopenia e monocitopenia.
Entro 1 ora dalla somministrazione di TGN1412, in tutti i pazienti fu osservato un drammatico aumento dei livelli di TNF-alfa ( Tumor Necrosis Factor ), seguiti da aumenti dei livelli di interleuchina-2 ( IL-2 ), interleuchina-6 ( IL-6 ), interleuchina-10 ( IL-10 ) ed interferone-gamma, entro le prime 4 ore dopo l’infusione.

Questo rilascio di citochine si risolse dopo la somministrazione delle prime dosi di Idrocortisone e Metilprednisolone e nei pazienti da 1 a 4 i valori si normalizzarono entro 2 giorni.
Al contrario, nei pazienti 5 e 6, la tempesta di citochine fu più prolungata, da 1 a 2 giorni. ( Xagena2006 )

Fonte: The New England Journal of Medicine, 2006


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