Immunoterapia con Sipuleucel-T per il tumore della prostata resistente a castrazione


Sipuleucel-T ( Provenge ), un’immunoterapia cellulare attiva autologa, si è dimostrato efficace nel ridurre il rischio di morte negli uomini con tumore della prostata metastatico resistente a castrazione.

Un totale di 512 pazienti sono stati assegnati in maniera casuale in un rapporto 2:1 a ricevere Sipuleucel-T ( n=341 ) oppure placebo ( n=171 ), somministrati per via endovenosa ogni 2 settimane, per un totale di 3 infusioni.

L'endpoint primario era la sopravvivenza generale, analizzata mediante un modello di regressione di Cox stratificato, corretto per il livello basale di PSA ( antigene prostatico specifico ) e lattato deidrogenasi.

Nel gruppo Sipuleucel-T, è stata osservata una riduzione relativa del 22% nel rischio di morte rispetto al gruppo placebo ( hazard ratio, HR=0.78; P=0.03 ).

Questa riduzione ha rappresentato un miglioramento di 4.1 mesi nella sopravvivenza mediana ( 25.8 mesi nel gruppo Sipuleucel-T versus 21.7 mesi nel gruppo placebo ).

La probabilità di sopravvivenza a 36 mesi è stata pari a 31.7% nel gruppo Sipuleucel-T contro 23% nel gruppo placebo.

L'effetto del trattamento è stato anche osservato con l'uso di un modello di Cox non-aggiustato e un log-rank test ( HR=0.77; P=0.02 ) e dopo aggiustamento per impiego di Docetaxel dopo la terapia prevista dallo studio ( HR=0.78; P=0.03 ).

Il tempo alla progressione oggettiva della malattia è risultato simile nei 2 gruppi di studio.

Risposte immunitarie all'antigene immunizzante sono state osservate nei pazienti trattati con Sipuleucel-T.

Gli eventi avversi che sono risultati più frequenti nel gruppo Sipuleucel-T, rispetto al gruppo placebo, hanno incluso: brividi, febbre e mal di testa.

In conclusione, l'uso di Sipuleucel-T ha prolungato la sopravvivenza generale negli uomini con tumore della prostata metastatico resistente a castrazione.
Non è stato osservato alcun effetto sul tempo alla progressione della malattia. ( Xagena2010 )

Kantoff PW et al, N Engl J Med 2010; 363: 411-422


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