Immunoterapia oncologica: Opdivo a base di Nivolumab


Opdivo, il cui principio attivo è Nivolumab, è un medicinale antitumorale usato per il trattamento delle seguenti affezioni: melanoma, un tipo di cancro della cute; cancro del polmone non-a-piccole cellule ( NSCLC ); carcinoma a cellule renali avanzato, un cancro del rene; linfoma di Hodgkin classico, un cancro dei linfociti; cancro a cellule squamose del testa-collo ( SCCHN ); cancro uroteliale, un cancro della vescica e del tratto urinario; mesotelioma della pleura maligno ( un cancro della mucosa dei polmoni ); un tipo di cancro del colon o del retto caratterizzato da elevata instabilità dei microsatelliti ( MSI-H ) o con deficit di riparazione del mismatch [ appaiamento delle basi del DNA ] ( dMMR ); cancro esofageo a cellule squamose ( un cancro dell’esofago; cancro esofageo e cancro della giunzione gastro-esofagea ( cancro alla giunzione tra stomaco ed esofago ) dopo chemioterapia, radioterapia e intervento chirurgico; adenocarcinoma gastrico, della giunzione gastro-esofagea o esofageo.

Opdivo è usato negli adulti; per il melanoma è anche usato negli adolescenti a partire dai 12 anni di età.
Opdivo è impiegato principalmente quando il cancro è in stadio avanzato, non è asportabile chirurgicamente o si è diffuso ad altre parti del corpo ( metastatico ), o quando non risponde ad altri trattamenti.

Per il tumore al polmone non-a-piccole cellule che può essere asportato chirurgicamente, ma che è a elevato rischio di recidiva, Opdivo può essere somministrato anche prima di un intervento chirurgico ( trattamento neoadiuvante ).

In presenza di melanoma, cancro esofageo, cancro della giunzione gastro-esofagea e cancro uroteliale, Opdivo è anche utilizzato per contribuire a prevenire la ricomparsa del cancro dopo che i pazienti sono stati sottoposti a intervento chirurgico ( trattamento adiuvante ).

Opdivo agisce sulle cellule tumorali che producono una proteina denominata PD-L1. Per alcuni tipi di cancro, Opdivo può essere utilizzato solo se gli esami confermano che le cellule tumorali producono una quantità sufficiente di PD-L1.

Opdivo può essere utilizzato da solo e, per determinati tipi di cancro, anche in associazione ad altri medicinali antitumorali, quali Cabozantinib, Ipilimumab o chemioterapia a base di Platino.

Opdivo è somministrato tramite infusione in una vena. La dose e la frequenza di somministrazione dipendono dall’affezione trattata e se Opdivo è utilizzato da solo o in associazione ad altri medicinali antitumorali.
In caso di comparsa di determinati effetti indesiderati il medico può rinviare la somministrazione delle dosi o, se tali effetti sono gravi, interrompere del tutto il trattamento.

Il principio attivo di Opdivo, Nivolumab, è un anticorpo monoclonale, un tipo di proteina concepito per legarsi a un recettore denominato PD-1, presente sulle cellule del sistema immunitario denominate cellule T.
Le cellule tumorali possono esprimere sulla loro superficie proteine ( PD-L1 e PD-L2 ) che si legano a tale recettore e bloccano l’attività delle cellule T, impedendo loro di attaccare il tumore. Legandosi al recettore, Nivolumab impedisce a PD-L1 e PD-L2 di bloccare le cellule T, aumentando quindi la capacità del sistema immunitario di distruggere le cellule tumorali.

Studi clinici su melanoma

Opdivo in monoterapia è stato esaminato in due studi principali su adulti con melanoma avanzato che non erano stati sottoposti a intervento chirurgico.
Il primo studio, che ha interessato 418 pazienti con melanoma avanzato non-trattati in precedenza, ha evidenziato che i pazienti trattati con Opdivo vivevano più a lungo dei pazienti a cui era stato somministrato il medicinale antitumorale Dacarbazina: il 73% dei pazienti trattati con Opdivo era in vita dopo 12 mesi rispetto al 42% di quelli trattati con Dacarbazina.
Nel secondo studio sono stati seguiti per almeno 6 mesi 405 pazienti con melanoma avanzato, la cui malattia era peggiorata malgrado un precedente trattamento con un medicinale antitumorale. Circa il 32% ( 38 su 120 ) dei pazienti trattati con Opdivo ha risposto al trattamento, segnalando una riduzione dei tumori, rispetto all’11% circa ( 5 su 47 ) dei pazienti trattati con un medicinale scelto dal medico curante ( Dacarbazina o una combinazione di Carboplatino e Paclitaxel ).
In un terzo studio, condotto su 906 adulti con melanoma che erano stati sottoposti a intervento chirurgico e presentavano un rischio elevato di recidiva del cancro, Opdivo è stato confrontato con Ipilimumab. I pazienti trattati con Opdivo hanno vissuto in media per 31 mesi prima della recidiva del cancro, della comparsa di un nuovo melanoma o del decesso, rispetto a 24 mesi nel caso dei pazienti trattati con Ipilimumab.
Un quarto studio, condotto su 945 adulti con melanoma avanzato non-trattati in precedenza, ha esaminato Opdivo in associazione a Ipilimumab, Opdivo da solo oIipilimumab da solo. I pazienti trattati con Opdivo e Ipilimumab hanno vissuto 11,5 mesi senza peggioramento della malattia rispetto ai 6,9 mesi osservati nei soggetti trattati con Opdivo da solo e ai 2,9 mesi dei pazienti trattati con Ipilimumab da solo. Dopo 2 anni erano sopravvissuti più pazienti trattati con Opdivo e Ipilimumab ( 64% ) che con Opdivo in monoterapia ( 59% ) o Ipilimumab in monoterapia ( 45% ). Lo studio ha incluso pazienti nei quali le cellule tumorali producevano livelli di PD-L1 sia elevati sia bassi. Miglioramenti relativamente al tempo di sopravvivenza dei pazienti senza peggioramento della malattia quando trattati con Opdivo e Ipilimumab in confronto a Opdivo usato in monoterapia sono stati riscontrati solo nei pazienti le cui cellule tumorali hanno prodotto bassi livelli di PD-L1.
Poiché il melanoma negli adolescenti è simile alla malattia negli adulti, i dati relativi a questi ultimi si applicano anche agli adolescenti. I dati relativi ad adulti, adolescenti e bambini hanno inoltre dimostrato che nel trattamento del melanoma avanzato e come trattamento adiuvante del melanoma negli adolescenti di età pari o superiore a 12 anni, Opdivo si comporta in modo simile a quello osservato negli adulti.

Studi clinici su tumore al polmone non-a-piccole cellule

Per quanto riguarda un tipo di tumore NSCLC noto come cancro non-squamoso è stato condotto uno studio principale su 582 adulti la cui malattia era peggiorata malgrado precedenti trattamenti. Il tempo medio di vita dei pazienti è stato di 12,2 mesi con Opdivo, rispetto a 9,4 mesi con Docetaxel ( un altro medicinale antitumorale ).
Per un altro tipo di tumore NSCLC noto come cancro squamoso, uno studio su 272 adulti ha evidenziato che i pazienti trattati con Opdivo hanno vissuto per 9,2 mesi dall’inizio del trattamento, rispetto ai 6,0 mesi dei pazienti ai quali era stato somministrato Docetaxel. Informazioni di supporto tratte da un altro studio hanno evidenziato che Opdivo aveva indotto una risposta nei pazienti con tumore NSCLC squamoso la cui malattia era peggiorata malgrado diversi trattamenti precedenti.
Per il tumore NSCLC metastatico, uno studio condotto su 719 adulti non-trattati in precedenza ha evidenziato che i pazienti ai quali era stato somministrato Opdivo in associazione a Ipilimumab e a un altro medicinale antitumorale hanno vissuto in media per 14 mesi dall’inizio del trattamento, rispetto agli 11 mesi dei pazienti trattati con altri medicinali antitumorali.
Un altro studio è stato condotto su 358 adulti con tumore NSCLC che non si era diffuso e che poteva essere asportato chirurgicamente. Tra i pazienti il cui cancro produceva PD-L1 ed era a rischio di recidiva dopo l’intervento chirurgico, il 32% ( 26 su 81 ) di coloro che hanno ricevuto Opdivo in combinazione con la chemioterapia a base di Platino prima dell’intervento chirurgico non ha contratto un tumore rilevabile nel tessuto polmonare asportato durante l’intervento, rispetto al 2% ( 2 su 86 ) di coloro a cui è stata somministrata la sola chemioterapia a base di Platino. Inoltre, i pazienti che hanno ricevuto la sola chemioterapia sono vissuti in media 21 mesi prima del peggioramento o della ricomparsa della malattia, oppure prima del decesso; nel caso dei pazienti a cui è stato somministrato Opdivo in abbinamento alla chemioterapia, non è stato possibile calcolare questo periodo perché uno scarsissimo numero di pazienti aveva sperimentato uno di questi eventi nel corso di un follow-up medio di 41 mesi.

Studi clinici su carcinoma a cellule renali avanzato

Opdivo è stato confrontato con Everolimus ( un altro medicinale antitumorale ) in uno studio principale su 821 pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato che era peggiorato malgrado un trattamento precedente. I pazienti ai quali era stato somministrato Opdivo hanno vissuto per 25,0 mesi, rispetto ai 19,6 mesi di quelli trattati con Everolimus.
Un altro studio principale, condotto su 1 096 adulti con carcinoma a cellule renali avanzato non-trattato in precedenza, ha confrontato il trattamento con Opdivo e Ipilimumab con il trattamento a base di un altro medicinale antitumorale, Sunitinib. Dopo 24 mesi, il 66,5% dei pazienti, trattato con la combinazione di farmaci, a rischio di peggioramento, moderato o elevato, del cancro era vivo, rispetto al 52,9% del gruppo trattato con Sunitinib. Inoltre, alla terapia di associazione ha risposto il 41,6% dei pazienti ( 177 su 423 ), rispetto al 26,5% ( 112 su 416 ) di quelli trattati con Sunitinib. Il tempo vissuto dai pazienti prima di un peggioramento della malattia è stato di 11,6 mesi con la terapia di associazione, rispetto a 8,4 con Sunitinib.
Un terzo studio principale ha confrontato il trattamento con Opdivo in associazione a Cabozantinib con il trattamento con Sunitinib da solo in 651 pazienti affetti da carcinoma a cellule renali avanzato non-trattato in precedenza o da carcinoma a cellule renali che si era diffuso. In questo studio, i pazienti trattati con Opdivo in associazione a Cabozantinib hanno vissuto in media circa 17 mesi senza peggioramento del cancro, mentre quelli trattati con Sunitinib sono sopravvissuti per circa 8 mesi senza che il cancro peggiorasse.

Studi clinici su linfoma classico di Hodgkin

Opdivo è stato esaminato in uno studio principale e in uno studio di supporto condotti su un totale di 95 adulti con linfoma di Hodgkin classico che non aveva risposto o si era ripresentato dopo un trapianto autologo di cellule staminali e un trattamento con il medicinale antitumorale Brentuximab vedotin. Opdivo è stato impiegato in monoterapia e non è stato confrontato con altri medicinali. Dopo il trattamento le cellule tumorali sono state parzialmente o totalmente eliminate nel 66% circa dei pazienti ( 63 su 95 ).

Studi clinici su cancro a cellule squamose del testa-collo avanzato

Opdivo è stato esaminato in uno studio principale su 361 adulti affetti da cancro a cellule squamose del testa-collo il cui cancro era peggiorato malgrado una precedente terapia con medicinali a base di Platino. Opdivo è stato usato da solo e confrontato con un altro medicinale antitumorale ( Cetuximab, Metotrexato o Docetaxel ) scelto dal medico curante. I pazienti trattati con Opdivo hanno vissuto in media per 7,5 mesi, rispetto ai 5,1 mesi di quelli sottoposti ad altre terapie.

Studi clinici su cancro uroteliale

Opdivo è stato esaminato in uno studio principale su 270 adulti con cancro uroteliale che era peggiorato o si era ripresentato nonostante fossero stati sottoposti a trattamento precedente con medicinali a base di Platino. Opdivo è stato usato in monoterapia e non è stato confrontato con altri medicinali. Nello studio, il 20% dei pazienti ( 54 su 270 ) ha risposto al trattamento con una riduzione delle dimensioni del tumore.
Un altro studio principale condotto su 709 soggetti ad alto rischio di recidiva di tumore uroteliale dopo l’asportazione chirurgica dell’intera massa tumorale ha dimostrato l’efficacia di Opdivo nel prevenire la ricomparsa del cancro nei pazienti le cui cellule tumorali esprimevano la proteina PD-L1. I pazienti di tale gruppo trattati con placebo hanno vissuto in media 8,4 mesi prima della ricomparsa della malattia, mentre per i soggetti trattati con Opdivo non è stato possibile raccogliere questo dato perché in molti di loro il cancro non si era ancora ripresentato durante la visita di controllo effettuata in media dopo 22 mesi.

Studi clinici su mesotelioma della pleura maligno

Uno studio principale condotto su 605 pazienti con mesotelioma della pleura maligno non-asportabile chirurgicamente ha esaminato il tempo di sopravvivenza dei pazienti con la somministrazione di Opdivo in associazione a Ipilimumab o con una chemioterapia a base di Pemetrexed e Platino. In questo studio i pazienti trattati con Opdivo sono sopravvissuti in media 18 mesi, mentre quelli sottoposti a chemioterapia hanno vissuto in media 14 mesi.

Studi clinici su cancro di colon e retto avanzato

Uno studio principale condotto su 119 pazienti con cancro del colon o del retto con MSI-H ( alta instabilità dei microsatelliti ) o dMMR ( deficit di riparazione dei mismatch ) ha esaminato l’effetto del trattamento con una associazione di Opdivo e Ipilimumab. Il 65% circa dei pazienti ha risposto al trattamento, evidenziando una riduzione delle dimensioni del tumore.

Studi clinici su cancro esofageo a cellule squamose avanzato

Uno studio principale ha coinvolto 419 adulti affetti da cancro esofageo a cellule squamose avanzato o metastatico la cui malattia era peggiorata o si era ripresentata dopo il trattamento con chemioterapia a base di fluoropirimidina e Platino o per i quali tali medicinali non erano idonei. In questo studio i pazienti trattati con Opdivo hanno vissuto per una media di 11 mesi rispetto a quelli trattati con Docetaxel o Paclitaxel, che hanno vissuto in media per 8 mesi. Un altro studio principale ha interessato 970 adulti con cancro esofageo a cellule squamose non trattato in precedenza, che non poteva essere asportato chirurgicamente, si era ripresentato o si era diffuso. Lo studio ha esaminato l’efficacia di Opdivo in associazione a Ipilimumab o di Opdivo abbinato a chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia. I pazienti affetti da tumore che esprimeva la proteina PD-L1 e trattati con Opdivo e Ipilimumab hanno vissuto in media 13,7 mesi rispetto ai 9,1 mesi di vita registrati nei soggetti trattati con chemioterapia. Riguardo al tempo trascorso senza peggioramento della malattia, non si sono osservate differenze tra i due trattamenti. I pazienti con tumore che esprimeva PD-L1 e che sono stati trattati con Opdivo e chemioterapia hanno vissuto in media 15,4 mesi rispetto ai 9,1 mesi di vita osservati nei pazienti trattati con la sola chemioterapia. Inoltre, il tempo vissuto dai pazienti prima di un peggioramento della malattia è stato di 6,9 mesi con Opdivo associato a chemioterapia rispetto a 4,4 mesi di trattamento con la sola chemioterapia.

Studi clinici su cancro esofageo localizzato ( precoce ) e cancro della giunzione gastroesofagea

Uno studio principale condotto su 794 pazienti ha esaminato l’effetto di Opdivo nei pazienti affetti da cancro localizzato precoce e cancro della giunzione gastroesofagea. In tutti i pazienti erano ancora presenti alcune cellule tumorali rimaste nell’organismo dopo la chemioterapia, la radioterapia e l’intervento chirurgico; il rischio di ricontrarre il cancro era elevato.
In questo studio i pazienti trattati con Opdivo hanno vissuto in media 22 mesi senza che il cancro si ripresentasse, rispetto agli 11 mesi di quelli ai quali era stato somministrato placebo.

Studi clinici su adenocarcinoma gastrico, della giunzione gastroesofagea o esofageo avanzato

In uno studio principale condotto su 955 adulti precedentemente non-trattati affetti da adenocarcinoma gastrico, della giunzione gastro-esofagea o esofageo avanzato o metastatico, ove il cancro presentava livelli elevati di PD-L1 ( definito come un punteggio positivo combinato [ CPS ] maggiore o uguale a 5 ), il trattamento a base di Opdivo in abbinamento a chemioterapia è stato confrontato con la sola chemioterapia. I pazienti sottoposti al trattamento combinato di Opdivo e chemioterapia hanno vissuto 14 mesi complessivamente, di cui in media 8 mesi senza segni di peggioramento della malattia, rispetto a 11 e 6 mesi osservati, rispettivamente, nei pazienti sottoposti al solo trattamento chemioterapico.

Reazioni avverse

Gli effetti indesiderati più comuni di Opdivo somministrato in monoterapia ( che possono riguardare più di 1 persona su 10 ) sono stanchezza, dolore ai muscoli e alle ossa, diarrea, tosse, eruzione cutanea, nausea, prurito, appetito ridotto, stipsi, difficoltà respiratoria, dolore all’addome, infezione di naso e gola, dolore alle articolazioni, febbre, vomito, cefalea e tumefazione.
Il profilo di sicurezza negli adolescenti è simile a quello osservato negli adulti.
Opdivo è inoltre solitamente associato a effetti indesiderati dovuti all’attività esercitata sugli organi dal sistema immunitario. La maggior parte di tali effetti cessa con una terapia adeguata o con la sospensione del trattamento con Opdivo.

Ulteriori effetti indesiderati possono verificarsi quando Opdivo è usato in combinazione con altri medicinali antitumorali.

Autorizzazione

L’Agenzia europea per i medicinali, EMA, ha ritenuto che Opdivo avesse dimostrato di recare beneficio ai pazienti con determinati tipi di cancro avanzato ( melanoma, tumore al polmone non-a-piccole cellule, carcinoma a cellule renali, mesotelioma pleurico maligno, cancro del colon o del retto e certi tipi di cancro dello stomaco ed esofageo ).
Opdivo è anche efficace nella prevenzione della ricomparsa del cancro dopo un intervento chirurgico nei pazienti affetti da melanoma, cancro esofageo, cancro della giunzione gastro-esofagea e dello stomaco, e cancro uroteliale.
Opdivo ha dimostrato di essere efficace anche nel trattamento del carcinoma polmonare non-a-piccole cellule prima di un intervento chirurgico, quando il tumore esprime PD-L1 ed è ad alto rischio di recidiva.
Il melanoma negli adolescenti è simile alla malattia negli adulti e Opdivo si comporta in modo analogo sia negli adulti sia negli adolescenti. Pertanto, se usato negli adolescenti per il trattamento del melanoma avanzato o per la prevenzione della ricomparsa del melanoma dopo un intervento chirurgico, Opdivo dovrebbe fornire benefici simili a quelli osservati negli adulti.
I pazienti affetti da carcinoma uroteliale hanno risposto al trattamento con Opdivo dopo il fallimento di altri trattamenti medici.
Per i pazienti affetti da linfoma di Hodgkin classico, benché gli studi abbiano interessato solo un numero limitato di pazienti, sono stati osservati tassi di risposta elevati in questi ultimi, in cui altri trattamenti non avevano avuto successo e che disponevano di scarse opzioni terapeutiche alternative.
Gli effetti indesiderati di Opdivo sono stati ritenuti gestibili con opportune misure e sono stati largamente compensati dai benefici.
Pertanto, l’Agenzia ha deciso che i benefici di Opdivo sono superiori ai rischi. ( Xagena2023 )

Fonte: EMA, 2023

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