Asciminib, un nuovo inibitore allosterico di BCR-ABL nei pazienti con leucemia mieloide cronica
Sono stati pubblicati sulla rivista The New England Journal of Medicine ( NEJM ) i risultati dello studio di fase 1 che ha fornito i primi dati di efficacia e tollerabilità del nuovo inibitore di BCR-ABL Asciminib nei pazienti con leucemia mieloide cronica ( LMC ): in una popolazione pesantemente pre-trattata, resistente o intollerante agli inibitori tirosin-chinasici ( TKI ), Asciminib ha mostrato un’azione specifica e selettiva, in assenza di effetti collaterali importanti, aprendo la strada a nuove possibilità terapeutiche in questi pazienti.
Asciminib è il primo esempio di inibitore allosterico in grado di legarsi al sito miristoilico della proteina BCR-ABL e non al sito ATPasico, regione riconosciuta da tutti gli altri inibitori disponibili.
E’ stato quindi ideato per essere selettivo e privo di effetti collaterali off-target, oltre che per poter essere utilizzato in combinazione con gli altri farmaci.
E’ efficace nei pazienti con mutazioni, inclusa la T315I.
Il farmaco agisce mimando l’azione di un peptide miristoilico a azione inibitoria sull’attività di Abl, perso durante la traslocazione t(9;22): l’azione del farmaco permette quindi un’azione inibitoria allosterica sull’attività chinasica di BCR-ABL1.
Negli ultimi 20 anni, il trattamento della leucemia mieloide cronica è drasticamente cambiato: l’uso degli inibitori TKI di prima e di seconda generazione ha permesso di migliorare la sopravvivenza dei pazienti affetti da questa malattia, attualmente simile a quella della popolazione generale di pari età, riducendo la percentuale di pazienti che sviluppano una progressione di malattia e permettendo anche, in alcuni casi, di sospendere la terapia dopo un certo numero di anni di trattamento.
Nonostante questi risultati, circa il 20% dei pazienti trattati con Imatinib e circa il 15% dei pazienti trattati con inibitori di seconda generazione in prima linea, sviluppano resistenza e/o grave intolleranza.
La resistenza è legata, nella maggior parte dei casi, allo sviluppo di mutazioni puntiformi del dominio chinasico di Abelson: più di 100 mutazioni sono state riconosciute con diversi livelli di resistenza associata.
Il trattamento di seconda linea non permette però di recuperare la totalità dei pazienti resistenti e la gran parte degli inibitori in commercio sono minati da effetti collaterali a lungo termine ( in particolare tossicità cardiologica ) che ne limitano l’uso.
Lo studio pubblicato sul NEJM parte da queste considerazioni e dalla necessità di trattamenti più efficaci e selettivi per i pazienti con leucemia mieloide cronica.
L’endpoint primario era definire la massima dose tollerata di Asciminib, ma lo studio ha fornito importanti risultati di efficacia e tollerabilità dopo un follow-up mediano di 14 mesi.
Sono stati arruolati 141 pazienti con leucemia mieloide cronica in fase cronica e 9 in fase accelerata resistenti e/o intolleranti a due precedenti linee terapeutiche ( il 70% trattato con almeno 3 linee terapeutiche ).
Il 31% dei pazienti aveva una mutazione del dominio ABL al momento dell’arruolamento.
Dei 113 pazienti arruolati senza una mutazione T315I al basale, il 92% ha ottenuto una risposta ematologica completa non presente al basale mentre il 54% ha ottenuto una risposta citogenetica completa in un tempo mediano di 24 settimane.
Il 48% dei pazienti ha ottenuto e/o mantenuto una risposta molecolare maggiore ( BCR-ABL1 ratio inferiore a 0.1% IS ) a 1 anno e il 20% una risposta molecolare profonda.
In generale il 63% dei pazienti ha ottenuto un miglioramento della risposta molecolare iniziale.
Le risposte sono state osservate in tutti i gruppi di pazienti che hanno ricevuto, in accordo al protocollo, Asciminib a diversi dosaggi, sia in monodose sia in doppia somministrazione giornaliera.
Inoltre, 28 pazienti avevano una mutazione T315I: l’88% ha ottenuto una risposta ematologica completa e il 41% una risposta citogenetica completa in un tempo mediano di 8 settimane.
Una risposta molecolare maggiore è stata raggiunta dal 24% dei pazienti in un tempo mediano di 14 settimane e il 50% dei pazienti ha ottenuto un miglioramento del residuo molecolare presente all’arruolamento.
I pazienti che hanno ottenuto una risposta sono stati trattati con un dosaggio di 150 mg due volte al giorno o superiore: questo ha permesso di perfezionare l’arruolamento, in corso, dei pazienti con mutazione T315I con un unico elevato dosaggio ( 200 mg BID ).
Dei 9 pazienti in fase accelerata, l’88% ha ottenuto una risposta ematologica completa e l’11% una risposta molecolare maggiore, mantenuta in un tempo mediano di 11 settimane.
Venti pazienti hanno presentato una progressione di malattia, ma solo 2 hanno sviluppato mutazioni del sito miristoilico; simili mutazioni sono state riscontrate in altri 2 pazienti in fase cronica senza evidenza di progressione in fase avanzata.
Sono stati valutati diversi dosaggi, sia in mono somministrazione che duplice giornaliera: in totale sono stati riportati 8 casi di DLT ( dose limiting toxicity ).
Tra gli effetti collaterali più evidenti è da segnalare l’innalzamento asintomatico e reversibile di lipasi ed amilasi, rash cutaneo, sintomi costituzionali ( fatigue, nausea, cefalea, artralgia ), prevalentemente di grado 1-2.
Non sono stati osservati effetti cardiovascolari maggiori ma è stata riportata l’insorgenza di ipertensione arteriosa nel 19% dei pazienti.
Cinque pazienti hanno manifestato una pancreatite clinica, ma 3 dei 5 pazienti avevano presentato tale effetto collaterale anche con terapie precedenti.
Uno studio di farmacocinetica ha mostrato, indipendentemente dal dosaggio utilizzato, che l’emivita del farmaco è pari a 8 ore, e che con il dosaggio di 40 mg BID si raggiunge più del 90% della concentrazione inibitoria del farmaco.
Tale dosaggio ( 40 mg BID ) è stato quindi indicato come effettivo per l’uso del farmaco come agente singolo.
L’assenza di effetti collaterali importanti e la sicurezza cardiovascolare, così come l’azione specifica e selettiva in pazienti fortemente pre-trattati dimostrata in questo lavoro, aprono nuove possibilità terapeutiche per questo farmaco. ( Xagena2020 )
Fonte: Ematologia - Università La Sapienza di Roma, 2020
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