Sopravvivenza nel melanoma in stadio avanzato con mutazione BRAF V600 trattato con Vemurafenib


Il 50% circa dei melanomi presenta mutazioni attivanti ( V600 ) nella proteina serin-treonin chinasi B-RAF ( BRAF ).

L’inibitore orale di BRAF Vemurafenib ( Zelboraf ) ha prodotto frequentemente regressioni tumorali nei pazienti con melanoma metastatico con BRAF V600-mutante in uno studio di fase 1 e ha migliorato la sopravvivenza generale in uno studio di fase 3.

Uno studio multicentrico di fase 2 nei pazienti con melanoma metastatico con BRAF V600-mutato precedentemente trattati, ha valutato l’efficacia di Vemurafenib riguardo al tasso di risposta generale ( percentuale di pazienti trattati con risposta tumorale ), durata della risposta e sopravvivenza generale.

L’endpoint primario era il tasso di risposta generale valutato dal Comitato indipendente di valutazione; la sopravvivenza generale era un endpoint secondario.

In totale, 132 pazienti hanno avuto un follow-up mediano di 12.9 mesi ( intervallo, da 0.6 a 20.1 mesi ).

Il tasso di risposta generale confermato è stato pari al 53% ( 6% con risposta completa e 47% con risposta parziale ); la durata mediana della risposta è stata di 6.7 mesi e la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 6.8 mesi.

La progressione primaria è stata osservata solo nel 14% dei pazienti.

Alcuni pazienti hanno mostrato una risposta dopo aver ricevuto Vemurafenib per più di 6 mesi.

La sopravvivenza generale mediana è stata di 15.9 mesi.

Gli eventi avversi più comuni sono stati di grado 1 o 2: artralgia, rash, fotosensibilità, fatigue e alopecia.

Carcinomi cutanei a cellule squamose ( nella maggior parte dei casi di tipi cheratoacantoma ) sono stati diagnosticati nel 26% dei pazienti.

In conclusione, Vemurafenib induce risposte cliniche in oltre la metà dei pazienti con melanoma metastatico con mutazione V600 nel gene BRAF, precedentemente trattati.
In questo studio con un lungo follow-up, la sopravvivenza generale mediana è stata di circa 16 mesi. ( Xagena2012 )

Sosman JA et al, N Engl J Med 2012; 366: 707-714


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