Pembrolizumab versus chemioterapia nel tumore esofageo avanzato: studio KEYNOTE-181
I pazienti con tumore esofageo avanzato hanno una prognosi infausta e opzioni di trattamento limitate dopo la chemioterapia di prima linea.
Nello studio in aperto di fase III KEYNOTE-181, sono stati assegnati in modo casuale 628 pazienti con carcinoma a cellule squamose avanzato / metastatico o adenocarcinoma dell'esofago, progredito dopo una precedente terapia, a Pembrolizumab ( Keytruda ) 200 mg ogni 3 settimane fino a 2 anni oppure chemioterapia a scelta dello sperimentatore tra Paclitaxel, Docetaxel o Irinotecan.
Gli endpoint primari erano la sopravvivenza globale ( OS ) nei pazienti con punteggio positivo combinato ( CPS ) del ligando-1 di morte cellulare programmata ( PD-L1 ) maggiore o uguale a 10, nei pazienti con carcinoma a cellule squamose e in tutti i pazienti ( alfa unilaterale 0.9%, 0.8% e 0.8% rispettivamente ).
All'analisi finale, condotta 16 mesi dopo aver assegnato l'ultimo paziente in modo casuale, la sopravvivenza globale è risultata prolungata con Pembrolizumab rispetto alla chemioterapia per i pazienti con CPS maggiore o uguale a 10 ( mediana, 9.3 vs 6.7 mesi; hazard ratio HR, 0.69; P=0.0074 ).
La percentuale stimata di sopravvivenza globale a 12 mesi è stata del 43% con Pembrolizumab contro il 20% con la chemioterapia.
La sopravvivenza mediana globale è stata di 8.2 mesi contro 7.1 mesi ( hazard ratio, HR, 0.78; P=0.0095 ) nei pazienti con carcinoma a cellule squamose e 7.1 mesi contro 7.1 mesi ( HR, 0.89; P=0.0560 ) in tutti i pazienti.
Eventi avversi correlati al trattamento di grado 3-5 si sono verificati nel 18.2% dei pazienti trattati con Pembrolizumab contro il 40.9% dei pazienti sottoposti a chemioterapia.
Pembrolizumab ha prolungato la sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia come terapia di seconda linea per il tumore esofageo avanzato nei pazienti con CPS PD-L1 maggiore o uguale a 10, con un minore numero di eventi avversi correlati al trattamento. ( Xagena2020 )
Kojima T et al, J Clin Oncol 2020; 38: 4138-4148
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