Neratinib dopo terapia adiuvante a base di Trastuzumab in pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo
Neratinib, un inibitore irreversibile della tirosin-chinasi di HER1, HER2 e HER4, ha attività clinica in pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2-positivo.
È stato condotto uno studio, ExteNET, per valutare l'efficacia e la sicurezza di 12 mesi di trattamento con Neratinib dopo terapia adiuvante a base di Trastuzumab ( Herceptin ) nei pazienti con cancro al seno in stadio precoce HER2-positivo.
Lo studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, di fase 3, ha coinvolto 495 Centri in Europa, Asia, Australia, Nuova Zelanda e Nord e Sud America.
Le donne ammissibili ( età superiore a 18 anni, o a partire da 20 anni in Giappone ) presentavano carcinoma mammario HER2-positivo in stadio 1-3 e avevano completato la terapia neoadiuvante e adiuvante con Trastuzumab fino a 2 anni prima della randomizzazione.
I criteri di inclusione sono stati modificati nel 2010 per includere le pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in stadio 2-3 che avevano completato la terapia con Trastuzumab fino a 1 anno prima.
Le pazienti sono state assegnate in modo casuale a ricevere per via orale Neratinib 240 mg al giorno oppure placebo.
La randomizzazione è stata stratificata in base allo stato del recettore ormonale ( recettori ormonali-positivi, recettore positivo a estrogeni o progesterone o a entrambi, versus recettori ormonali-negativi, recettore negativo a estrogeni e progesterone ), stato linfonodale ( 0, 1- 3, o 4 e superiore ), e regime adiuvante con Trastuzumab ( sequenziale versus in concomitanza con la chemioterapia ).
L'esito primario era la sopravvivenza libera da malattia invasiva, come definita nel protocollo originale, a 2 anni dalla randomizzazione.
Tra il 2009 e il 2011, sono state assegnate in modo casuale 2.840 donne a ricevere Neratinib ( n=1.420 ) oppure placebo ( n=1.420 ).
Il tempo di follow-up è stato di 24 mesi nel gruppo Neratinib e di 24 mesi nel gruppo placebo.
A 2 anni di follow-up, si sono verificati 70 eventi di sopravvivenza libera da malattia invasiva nelle pazienti nel gruppo Neratinib rispetto a 109 eventi in quelle del gruppo placebo ( hazard ratio stratificato, HR=0.67, P=0.0091 ).
Il tasso di sopravvivenza libera da malattia invasiva a 2 anni è stato del 93.9% nel gruppo Neratinib e del 91.6% nel gruppo placebo.
Gli eventi avversi più comuni di grado 3-4 nei pazienti nel gruppo Neratinib sono stati diarrea ( grado 3, n=561, 40%, e grado 4, n=1, inferiore a 1%, vs grado 3, n=23, 2%, nel gruppo placebo ), vomito ( grado 3, n=47, 3%, vs n=5, inferiore a 1% ) e nausea ( grado 3, n=26, 2%, vs n=2, inferiore a 1% ).
Il prolungamento del QT si è verificato in 49 ( 3% ) pazienti trattate con Neratinib e in 93 ( 7% ) pazienti trattate con placebo.
La riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra ( grado 2 o superiore ) si è verificata in 19 ( 1% ) e 15 ( 1% ) pazienti, rispettivamente.
Sono stati registrati eventi avversi gravi in 103 ( 7% ) pazienti nel gruppo Neratinib e 85 ( 6% ) pazienti nel gruppo placebo.
Si sono verificati 7 decessi ( inferiore a 1% ) ( 4 pazienti nel gruppo Neratinib e 3 pazienti nel gruppo placebo ) non-correlati alla progressione della malattia dopo la sospensione del farmaco in studio.
Le cause di morte nel gruppo Neratinib erano sconosciute ( n=2 ), dovute a secondo tumore primario del cervello ( n=1 ), e leucemia mieloide acuta ( n=1 ), e nel gruppo placebo sono state emorragia cerebrale ( n=1 ), infarto miocardico ( n=1 ), e cancro gastrico ( n=1 ).
Nessuno dei decessi è stato attribuito al trattamento di studio in entrambi i gruppi.
Neratinib per 12 mesi ha significativamente migliorato la sopravvivenza libera da malattia invasiva a 2 anni quando è stato somministrato dopo la chemioterapia e la terapia adiuvante a base di Trastuzumab nelle donne con carcinoma mammario HER2-positivo.
E’ necessario un più lungo follow-up per verificare se il miglioramento dell’esito del tumore al seno si mantiene nel tempo. ( Xagena2016 )
Chan A et al, Lancet 2016; 17: 367-377
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