Predizione di eventi cardiovascolari e mortalità per tutte le cause con rigidità arteriosa


È stata portata a termine una meta-analisi di 17 studi longitudinali allo scopo di calcolare stime quantitative robuste del valore predittivo della velocità dell’onda di polso per futuri eventi cardiovascolari e mortalità per tutte le cause, tenendo conto del fatto che la rigidità arteriosa viene sempre più considerata un endpoint surrogato di malattia cardiovascolare.

I 17 studi presi in considerazione hanno valutato la velocità dell’onda di polso aortica.

Un totale di 15.877 persone sono state seguite per un periodo medio di 7.7 anni.

Il rischio relativo di eventi clinici è aumentato in modo graduale e lineare dal primo al terzo terzile di velocità dell’onda di polso.

I rischi relativi di eventi cardiovascolari totali, mortalità cardiovascolare e mortalità per tutte le cause sono stati, rispettivamente, 2.26 ( 14 studi ), 2.02 ( 10 studi ) e 1.90 ( 11 studi ) per i pazienti con alta versus bassa velocità dell’onda di polso.

Per eventi cardiovascolari totali e mortalità cardiovascolare, il rischio relativo è risultato significativamente maggiore nei gruppi ad alto rischio basale ( coronaropatia, nefropatia, ipertensione ), rispetto a quelli a basso rischio ( popolazione generale ).

Un aumento della velocità dell’onda di polso a livello aortico di 1 m/s ha mostrato corrispondenza con un aumento del rischio, aggiustato per età, sesso e fattore di rischio, di 14%, 15% e 15%, rispettivamente, per eventi cardivascolari totali, mortalità cardiovascolare e mortalità per tutte le cause.

L’aumento della velocità dell’onda del polso aortico di 1 deviazione standard è risultata associata a rispettivi aumenti di 47%, 47% e 42%.

In conclusione, la rigidità aortica espressa come velocità dell’onda di polso è un forte predittore di futuri eventi cardiovascolari e mortalità per tutte le cause e questa capacità predittiva è più elevata nei pazienti con un rischio cardiovascolare basale più elevato. ( Xagena2010 )

Vlachopoulos C et al, J Am Coll Cardiol 2010; 55: 1318-27


Cardio2010


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