Teoria infiammatoria nell'infarto miocardico: Canakinumab riduce gli eventi cardiovascolari secondari


I dati dello studio CANTOS hanno mostrato che Canakinumab, un anticorpo monoclonale, somministrato assieme alla terapia standard riduce notevolmente il rischio del composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico non-fatale e ictus non-fatale nei pazienti con precedente infarto miocardico e aterosclerosi infiammatoria.

Canakinumab, già approvato per l'uso sottocutaneo in rare malattie autoimmuni, ha come bersaglio l'interleuchina-1 beta ( IL-1 beta ), una citochina chiave nel pathway infiammatorio.

Questo rappresenta un passo enorme per l'ipotesi infiammatoria nelle malattie cardiovascolari aterosclerotiche.
Le statine, il solo trattamento che può avere un ruolo nell'infiammazione, riducono il rischio di infarto miocardico, ma è diffcile discriminare tra azione antinfiammatoria o effetto di abbassamento dei livelli di colesterolo LDL.

Uno studio pubblicato su The New England Journal of Medicine ( NEJM ) ha dimostrato che le persone anziane presentano una espansione di un clone ematologico somatico che è associato a rischio di tumore ematologico, ma anche a malattia cardiovascolare aterosclerotica. Questi pazienti sviluppano un infarto miocardico attraverso il pathway di infiammazione IL-1 beta.

Mettendo assieme i risultati dello studio CANTOS con i dati sull'ematopoiesi clonale dal potenziale indeterminato, questi forniscono elementi a sostegno dell'ipotesi che questo sottoinsieme di pazienti che potrebbero trasportare mutazione delle cellule ematiche potrebbero preferibilmente beneficiare della terapia con IL-1 beta.

Nel 2014, l'interesse sulla teoria antinfiammatoria si era affievolito dopo che Darapladib, un inibitore selettivo della fosfolipasi A2 associata alle lipoproteine ( Lp-PLA2 ), non era stato in grado di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari quando somministrato assieme alla terapia medica ottimale nei pazienti con sindrome coronarica acuta nello studio SOLID-TIMI 52.

Canakinumab è stato valutato nello studio CANTOS a tre diversi dosaggi in combinazione con il trattamento standard in 10.061 pazienti con un precedente infarto miocardico e un livello di proteina C-reattiva ad alta sensibilità superiore o uguale a 2 mg/L.
L'endpoint primario era il momento alla prima comparsa di MACE, un composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico non-fatale e ictus non-fatale. ( Xagena2017 )

Fonte: Novartis & NEJM, 2017

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