L’iponatriemia nei pazienti ospedalizzati con scompenso cardiaco è associata a più alta mortalità alla dimissione


E’ stato dimostrato che l’iponatriemia è un predittore indipendente di mortalità nei pazienti selezionati con insufficienza cardiaca, arruolati negli studi clinici.


Il valore predittivo dell’iponatriemia non è stato valutato nei pazienti non selezionati, ospedalizzati per scompenso cardiaco.

La relazione tra concentrazione plasmatica di sodio al momento del ricovero e gli outcome ( esiti ) clinici è stata analizzata in 48.612 pazienti di 259 ospedali, utilizzando il registro OPTIMIZE-HF.

I pazienti con iponatriemia ( sodio < 135 mmol/l ) al momento del ricovero presentavano scarse differenze nelle caratteristiche cliniche al basale e nella gestione durante l’ospedalizzazione, rispetto ai pazienti che presentavano livelli di sodio maggiori o uguali a 135 mmol/l.

I pazienti con iponatriemia avevano una maggiore probabilità di essere caucasici, avere valori pressori sistolici più bassi all’ingresso in ospedale, e di ricevere inotropi durante l’ospedalizzazione.

I pazienti con iponatriemia presentavano una più alta incidenza di mortalità durante il periodo ospedaliero e nel corso del follow-up, ed una più lunga permanenza in ospedale, sebbene nessuna differenza nella percentuale di riammissione sia stata osservata.

Il rischio di morte ospedaliera è aumentato del 19,5%, quello di morte durante il follow-up del 10%, ed il rischio di morte o riospedalizzazione dell’8% per ciascuna riduzione di 3 mmol/l nei livelli plasmatici di sodio all’ingresso in ospedale al di sotto di 140 mmol/l.

Lo studio ha indicato che l’iponatriemia nei pazienti ospedalizzati per scompenso cardiaco è relativamente comune ed è associata ad una più lunga permanenza ospedaliera e ad una precoce mortalità alla dimissione. ( Xagena2007 )

Gheorghiade M et al, Eur Heart J 2007; 28: 980-988


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