Carcinoma dell'ovaio fortemente pretrattato: risultati promettenti di efficacia e di sicurezza con la combinazione di Ubamatamab, un anticorpo bispecifico MUC16xCD3, e di Cemiplimab, un inibitore PD-1
Da uno studio di fase 1/2, in corso, è emerso che la combinazione di due farmaci immunoterapici, l’inibitore di PD-1 Cemiplimab ( Libtayo ) e l’anticorpo bispecifico MUC16xCD3 Ubamatamab, ha fornito risultati promettenti, sia riguardo all'efficacia sia alla sicurezza, come trattamento per le pazienti con carcinoma dell'ovaio avanzato, fortemente pretrattato.
Nella parte di fase 2 di dose-expansion dello studio, a tre bracci, in due verrà valutato Ubamatamab a due differenti dosaggi in monoterapia, mentre nel terzo braccio verrà preso in esame Ubamatamab alla dose di 250 mg ogni 3 settimane in combinazione con Cemiplimab.
Ubamatamab è un anticorpo bispecifico interamente umano in grado di legarsi da un lato alla mucina 16 ( MUC16, nota anche come CA125 ), una glicoproteina di superficie sovraespressa nel tumore ovarico, e dall’altro al recettore CD3 presente sulle cellule T.
Lo studio riguardante Ubamatamab ha convolto pazienti di almeno 18 anni con una diagnosi di carcinoma ovarico, delle tube di Falloppio o peritoneale primitivo recidivante, con livelli di CA-125 due volte sopra il limite superiore di normalità, e precedentemente trattato con almeno un ciclo di terapia a base di Platino.
Le pazienti sono state trattate con Ubamatamab per via endovenosa una volta a settimana a un dosaggio compreso tra 1 e 450 mg, dopo un incremento graduale della dose. La strategia step-up è stata utilizzata per mitigare il rischio di sindrome da rilascio di citochine ( CRS ).
A partire dal giorno 29 e fino al giorno 36 è stato aggiunto Cemiplimab 350 mg per via endovenosa ogni 3 settimane.
Gli endpoint primari dello studio erano la sicurezza e la farmacocinetica, mentre gli endpoint secondari includevano il tasso di risposta obiettiva ( ORR ) confermato, la durata della risposta ( DoR ), la sopravvivenza libera da progressione ( PFS, valutata secondo i criteri RECIST versione 1.1 ) e la risposta del CA125 ( valutata secondo i criteri GCIG ).
Nel periodo 2020-2022 sono state arruolate 35 pazienti, di cui 29 ( 82,9% ) sono state trattate con Ubamatamab e almeno una dose di Cemiplimab.
L’età mediana delle pazienti è stata di 63 anni, e l’89% aveva un tumore con istologia sierosa di alto grado.
Inoltre, le pazienti erano fortemente pretrattate e presentavano caratteristiche di alto rischio. Il numero mediano di terapie effettuate in precedenza dalle pazienti era pari a 5 ( intervallo: 1-10 ), circa il 43% di esse aveva metastasi viscerali circa 1 su 4 presentava mutazioni deleterie dei geni BRCA1 e BRCA2.
La durata mediana dell’esposizione a Ubamatamab e a Cemiplimab è stata rispettivamente di 11 ( intervallo: 2-75) e 12 ( intervallo: 3-69 ) settimane.
Sono state osservate risposte obiettive con dosi di Ubamatamab comprese tra 10 e 250 mg. Nelle 22 pazienti in cui è stata valutata l’efficacia e che sono state trattate con almeno una dose di Cemiplimab, il tasso di risposta obiettiva è risultato pari al 18,2% ( IC 95%: 5,2-40,3 ), mentre la stima della mediana della durata della risposta è stata di 8,3 mesi ( IC 95%: 4,2 - non-stimabile ) e 1 paziente ha mostrato una durata della risposta di 16,6 mesi nel momento in cui ha interrotto la terapia per trattare un secondo tumore.
Il tasso di risposta in base a CA-125 è risultato del 22,7% ( IC 95%: 7,8-45,4 ), mentre il tasso di sopravvivenza libera da progressione a 6 mesi è risultato del 47,6% ( IC 95%: 25,7-66,7 ) e il il tasso di sopravvivenza senza progressione a 12 mesi del 23,8% ( IC 95%: 9-43% ).
Inoltre, 2 pazienti che avevano mostrato una crescita della lesione target ( +17%, +31% ) e un aumento di oltre il 50% dei livelli sierici di CA-125 durante le prime 4-5 settimane di trattamento, prima di aggiungere Cemiplimab a Ubamatamab, hanno mostrato successivamente risposte parziali. Si sono osservate risposte parziali anche in 2 pazienti che avevano metastasi epatiche intraparenchimali.
Le analisi hanno anche mostrato che la farmacocinetica di Ubamatamab non è stata influenzata da Cemiplimab.
Il trattamento con Ubamatamab a dosi comprese fra 1 e 250 mg si è dimostrato tollerabile e l’aggiunta di Cemiplimab dopo 4-5 settimane dall' assunzione dell'anticorpo bispecifico è risultata generalmente ben tollerata.
Tutte le pazienti hanno manifestato almeno un evento avverso emergente dal trattamento [ TEAE ]. I più comuni sono stati dolore ( 82,9%, di cui il 20% di grado 3 ) e la sindrome da rilascio di citochine [ CRS ] ( 68,6%, tutti eventi di grado 1/2 ), che si sono manifestati prevalentemente nelle prime 4 settimane di trattamento, durante la fase di step-up di Ubamatamab.
In 3 pazienti si sono registrate reazioni avverse immuno-mediate ( irAE ) dopo l’aggiunta di Cemiplimab: artrite di grado 2, neuropatia periferica di grado 2 e linfoistiocitosi emofagocitica primaria / sindrome da attivazione macrofagica ( HLH/MAS ) di grado 4.
Gli eventi avversi TEAE di grado 3 o maggiore più comuni sono stati: anemia ( 25,7% ), dolore ( 20,0% ) e neutropenia ( 11,4% ).
La dose massima tollerata non è stata raggiunta. Sulla base dei dati raccolti, per la fase 2 di dose-expansion è stata scelta la dose di Ubamatamab di 250 mg. ( Xagena2023 )
O'Cearbhaill R et al, Ann Oncol 2023; 34 ( suppl_2 ): S507-S542 [ European Society for Medical Oncology ( ESMO ) Meeting 2023 ]
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