Sviluppo dell’immunoterapia nel tumore alla prostata
Nonostante siano stati compiuti progressi significativi nell’immunoterapia del tumore alla prostata, sono molte ancora le sfide da affrontare nello sviluppo di una immunoterapia efficace per il cancro alla prostata.
In primo luogo, dal punto di vista immunologico, il tumore alla prostata è quasi certamente non una sola malattia, e la progressione dallo stato di singola malattia ad un altro e lo sviluppo di tumore alla prostata resistente alla castrazione sono probabilmente associati a drift antigenico. Pertanto, lo sviluppo di una terapia apparentemente efficace nei pazienti con metastasi da tumore alla prostata resistente alla castrazione potrebbe essere rilevante o meno per il trattamento dei pazienti con tumore alla prostata allo stadio precoce che risponde a deprivazione androgenica ( ormone-sensibile ).
In secondo luogo, nel migliore dei casi, la definizione di risposta clinica è difficoltosa nel cancro della prostata, con ampio dibattito e confusione su come utilizzare la cinetica dell’antigene prostatico specifico ( PSA ), e, in caso di immunoterapia, l'evidente scollamento tra gli esiti intermedi, come la percentuale di risposta e il tempo alla progressione, tradizionalmente utilizzati in oncologia, e la sopravvivenza.
In terzo luogo, la difficoltà nel dimostrare una chiara relazione tra l'induzione di risposta immunitaria antigene-specifica e risultato clinico ha alimentato lo scetticismo per quanto riguarda le immunoterapie. Infine, vi è tensione tra l'imperativo di avere un rapido e realistico sviluppo di farmaci ( da qui l'istinto di testare nuovi agenti in pazienti con alto carico di malattia e tempi ridotti per eventi come la progressione o la morte ) e la selezione di pazienti con una minore probabilità di meccanismi immunosoppressivi ( da qui l'istinto di testare nuovi agenti in pazienti con basso carico di malattia, ma nei quali il tempo per eventi clinicamente significativi come la progressione o la morte può essere eccessivamente lungo ).
Sono stati riportati sul Journal of Clinical Oncology i risultati di uno studio randomizzato di fase II riguardante un vaccino basato su poxvirus diretto all’antigene prostatico specifico negli uomini con tumore alla prostata resistente alla castrazione metastatico ( Kantoff et al, J Clin Oncol 2010 ).
In tutto, 142 uomini sono stati assegnati in modo casuale, in un rapporto 2 a 1, a ricevere Prostvac o vettori di controllo.
Non è stato raggiunto l'endpoint primario, la sopravvivenza senza progressione. Tuttavia, e abbastanza inaspettatamente, è stato osservato un vantaggio di sopravvivenza globale a favore del farmaco sperimentale.
Sviluppo dell'immunoterapia per il cancro alla prostata
Il tumore alla prostata non è una sola malattia
Come la maggior parte degli studi immunoterapici svolti finora, il presente studio ha chiaramente definito la popolazione target, un elemento importante di qualsiasi indagine clinica, ma così facendo ha anche limitato la capacità di generalizzare questi risultati. In particolare, il gruppo di pazienti con tumore alla prostata resistente alla castrazione è stato volutamente limitato ai pazienti ritenuti con caratteristiche favorevoli di rischio. Pertanto, i pazienti con metastasi viscerali o dolore che richiedevano analgesici oppioidi sono stati esclusi, e solo i pazienti con performance status secondo l’ECOG ( Eastern Cooperative Oncology Group ) di 0 o 1 e punteggio di Gleason inferiore o uguale a 7 sono stati inclusi.
Questi sono criteri di ammissibilità ragionevoli, perché ognuna di queste caratteristiche è associata a una peggiore sopravvivenza in un modello predittivo multivariabile sviluppato sulla base di 1.100 pazienti con tumore alla prostata resistente alla castrazione. Inoltre, uno studio precedente su Sipuleucel-T ha mostrato che solo i pazienti con bassi punteggi di Gleason possono trarre beneficio da tale terapia, anche se questa osservazione preliminare successivamente ha dimostrato di non essere corretta, dato che ne beneficiano tutti i sottoinsiemi dei punteggi di Gleason.
Tuttavia, l'uso di questi criteri di ammissibilità solleva questioni importanti. Ad esempio, lo sviluppo di Prostvac dovrebbe procedere solo in pazienti con punteggio di Gleason pari a 7 o meno ? Esiste plausibilità biologica nel segmentare la popolazione con tumore alla prostata resistente alla castrazione in questo modo ?
Per quanto riguarda la selezione dei pazienti e l'equilibrio tra i due gruppi di trattamento, la sopravvivenza prevista in tali soggetti è stata di 22.5 mesi per quelli trattati con Prostvac e 20.4 mesi per i controlli.
Anche se la differenza di sopravvivenza media prevista non è risultata statisticamente significativa, questa differenza, tuttavia, ha favorito il gruppo di trattamento sperimentale. Inoltre, anche se la piccola dimensione del campione impedisce conclusioni definitive, c’è stato anche uno squilibrio nella percentuale di pazienti linfonodali ( un gruppo con prognosi favorevole ) che ha favorito il braccio Prostvac ( 9.8% contro 0% ) e che in teoria avrebbe potuto avere un impatto sul risultato.
Cinetica dell’antigene prostatico specifico e apparente discrepanza tra percentuale di risposta o tempo alla progressione e sopravvivenza
E’ stato descritto un singolo caso di un paziente con un calo di antigene prostatico specifico e della fosfatasi acida prostatica di oltre l'80%. Non è chiaro se questo fosse l'unico caso di un calo dell’antigene prostatico specifico negli 84 pazienti assegnati a ricevere Prostvac, ma la mancanza di un calo dell’antigene prostatico specifico è già stata descritta in studi di immunoterapia con alcuni agenti ( ad esempio, Sipuleucel-T, GVAX ).
Lo studio non è riuscito a soddisfare il suo principale endpoint, con un tempo alla progressione medio di 3.7 mesi nel braccio di controllo e di 3.8 mesi nel braccio Prostvac. Tuttavia, e per certi versi in modo inaspettato, la sopravvivenza globale media ha notevolmente favorito Prostvac ( 25.1 mesi contro 16.6 mesi ), una differenza di 8.5 mesi. Questa è una osservazione interessante, perché riassume, in parte, l'esperienza con Sipuleucel-T, in cui non è stato osservato un vantaggio nel tempo alla progressione, ma è stato osservato un significativo vantaggio di sopravvivenza globale di circa 4 mesi, a favore di Sipuleucel-T.
È stato ipotizzato che questo scollamento tra tempo alla progressione e sopravvivenza globale può essere una conseguenza del fatto che l'immunoterapia richiede tempo per avere un effetto biologico, perciò precoci misurazioni di effetto vengono perse a causa della progressione della malattia relativamente a breve termine, mentre un beneficio a più lungo termine si manifesta come sopravvivenza globale.
E’ preoccupante che il gruppo di controllo avesse una sopravvivenza globale media inferiore a quella prevista dal modello di Halabi ( 16.6 mesi effettivi rispetto ai 20.4 mesi previsti ), Le ragioni di questa discrepanza non sono affatto chiare, soprattutto in considerazione dei criteri di ammissibilità disegnati per selezionare i pazienti a rischio più basso.
Considerando che una parte significativa dei pazienti nel modello di Halabi originale non ha ricevuto Docetaxel, l’unico agente noto in grado di prolungare la sopravvivenza in questo gruppo di pazienti, ci si aspetterebbe che i pazienti in entrambi i gruppi di trattamento abbiano una sopravvivenza media più lunga di quella predetta dal modello di Halabi, non solo i pazienti nel braccio Prostvac.
In secondo luogo, la differenza nella sopravvivenza globale tra i due gruppi è particolarmente sorprendente, considerato il fatto che c’è stato il 50% di crossover al trattamento attivo. Anche se c’è stato un tasso di crossover simile nello studio con Sipuleucel-T, in quello studio il crossover è stato verso un prodotto cellulare che aveva in precedenza subito un ciclo di congelamento-scongelamento, con efficacia clinica non-testata, mentre tutti i pazienti crossover in questo studio sono stati trattati con lo stesso agente. La differenza di sopravvivenza osservata con Prostvac di 8.5 mesi, un aumento del 50% della sopravvivenza globale, è degna di nota, supera di gran lunga ciò che viene osservato con la chemioterapia, e non ha precedenti in pazienti con tumore alla prostata resistente alla castrazione.
In terzo luogo, la mancanza di dati di trattamento ( in particolare, il trattamento con Docetaxel ) dopo il completamento della fase di trattamento dello studio è motivo di preoccupazione e potrebbe rappresentare un altro potenziale squilibrio.
Mancata dimostrazione di un rapporto tra induzione di risposta immunitaria antigene-specifica e risultato clinico
Lo sviluppo di terapie mirate ha creato l'aspettativa che endpoint biologici debbano essere rilevabili negli studi con questi agenti. Nel caso dello studio in esame, Prostvac si basa su una strategia prime boost, in cui i pazienti sono inizialmente immunizzati con il virus del vaccino ricombinante e successivamente trattati con poxvirus aviari. A differenza di precedenti studi basati su poxvirus indirizzati all’antigene prostatico specifico, questo studio ha utilizzato i virus che esprimono l'antigene prostatico specifico come antigene target, così come tre molecole costimolatorie / di adesione ( B7.1, ICAM-1 e LFA-3 ) all'interno della stessa struttura, un comportamento che esalta l'immunogenicità di questo approccio negli studi preclinici.
Il fattore stimolante le colonie di granulociti e macrofagi ( GM-CSF ), che ha una modesta attività come agente singolo nel carcinoma prostatico, è stato incluso in questo studio come coadiuvante del vaccino.
Lo studio di fase I di questa strategia prime boost con la struttura combinata ha dimostrato non solo le risposte immunitarie specifiche per l’antigene prostatico specifico, ma anche la riduzione della velocità dell’antigene prostatico specifico in un numero significativo di pazienti.
Nel presente studio, il monitoraggio immunologico di questi pazienti era limitato a valutare i titoli anticorpali per l’antigene prostatico specifico e i vettori virali. Come previsto, quasi tutti i pazienti hanno avuto una risposta aumentata al vettore del vaccino e immunità indotta al vettore del poxvirus aviario. Nessuna risposta anticorpale è stata rilevata per l’antigene prostatico specifico, anche se la rilevazione di questi anticorpi potrebbe essere stata complicata dalla proteina dell’antigene prostatico specifico circolante in questi pazienti.
Purtroppo, questi risultati non sono utili per aiutare a guidare lo sviluppo di studi futuri. Non è stata effettuata una valutazione della risposta immunitaria delle cellule T. Sebbene la rilevanza clinica di questi test debba essere ancora stabilita, questi test sono in grado di dimostrare l'induzione di una risposta immunitaria con vaccini. In un altro studio di fase II con Prostvac, l'induzione di una risposta immunitaria avanzata delle cellule T all’antigene prostatico specifico ( rilevato mediante esame ELISPOT, interferon-gamma enzyme-linked immunospot ) è stata associata ad aumento della sopravvivenza globale.
Il tumore alla prostata è noto per indurre un ambiente immunosoppressivo nel paziente che può comprendere elevati livelli circolanti di citochine immunosoppressive ( ad esempio, fattore di crescita trasformante beta; TGF-beta ) e di cellule T regolatorie, nonché fattori all'interno del microambiente tumorale, quali molecole inibitorie delle molecole costimolatorie . Questi componenti probabilmente smorzano ogni eventuale effetto del vaccino.
È interessante notare che un altro studio con Prostvac ha scoperto che molti dei pazienti dello studio la cui sopravvivenza è stata più lunga di quella prevista dal modello di Halabi sono andati incontro ad attenuazione della funzione immunosoppressiva delle loro cellule T regolatorie dopo la vaccinazione.
Infine, i vaccini basati su poxvirus diretti all’antigene prostatico specifico sono già stati combinati con altre terapie per il tumore alla prostata, compresa la terapia antiandrogenica, Docetaxel, radioterapia, e trattamento con anticorpo anti-CTLA4.
In sintesi, questo studio randomizzato di fase II su Prostvac è stato efficace come esercizio generatore di ipotesi, anche se è prematuro considerare questi dati come prove inequivocabili di un beneficio clinico. Tuttavia, questi dati sono interessanti e richiedono ulteriori indagini. Molte domande rimangono senza risposta e dovranno essere riconsiderate con lo sviluppo ulteriore dell’agente. Chi dovrebbe essere trattato con Prostvac ? Ad esempio, i pazienti con punteggio di Gleason uguale a 8 o superiore dovrebbero essere trattati ? Esiste un indicatore di risposte immunitarie ? Qual è il ruolo del fattore stimolante le colonie di granulociti e macrofagi in questa immunoterapia ? Questi dati sono sufficientemente convincenti per iniziare uno studio di fase III, o gli squilibri sono abbastanza preoccupanti da giustificare ulteriori indagini ? In uno studio di fase III Prostvac dovrebbe essere combinato con altri trattamenti o immunoterapie ? ( Xagena2010 )
Small EJ, Fong L, J Clin Oncol 2010; 28: 1085-1087
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