Acidi grassi Omega-3 e fibrillazione atriale
Come le statine, gli n-3 PUFA ( anche noti come Acidi grassi Omega-3 ) hanno un’azione antinfiammatoria e antiossidante e migliorano la funzionalità endoteliale.
Inoltre, in studi sperimentali, gli n-3 PUFA hanno dimostrato di ridurre la formazione di collagene a livello atriale, la vulnerabilità atriale e la durata degli episodi di fibrillazione atriale. Tuttavia, uno studio sperimentale nei cani non ha evidenziato alcun effetto degli n-3 PUFA nel ridurre la vulnerabilità alla fibrillazione atriale dopo l’instaurazione del danno miocardico.
Esistono ormai numerosi dati sull’efficacia degli Acidi grassi Omega-3 nelle aritmie ventricolari. I dati, invece, per quanto
riguarda le aritmie atriali sono limitati.
Il primo studio, di tipo osservazionale, riguardante 4815 soggetti di età superiore a 65 anni seguiti per un follow-up di 12 anni, ha evidenziato una riduzione del 28-31% dell’incidenza di fibrillazione atriale fra i soggetti con regolare assunzione di pesce nella dieta.
Questi dati, tuttavia, non sono stati confermati in due ampi studi successivi.
In uno studio clinico randomizzato di Calò et al., relativo a 160 pazienti, si è visto come la somministrazione di n-3 PUFA, durante ospedalizzazione per chirurgia coronarica, sia in grado di ridurre l’incidenza postoperatoria di fibrillazione atriale nel 54.4% dei soggetti.
Anche in questo caso, però, il risultato non è stato confermato negli studi successivi.
Recentemente tre studi, prospettici randomizzati, nella prevenzione delle recidive di fibrillazione atriale hanno dato risultati contrastanti.
Nello studio di Nodari et al. in 199 pazienti con fibrillazione atriale persistente, in trattamento cronico con Amiodarone
e ACE-inibitori o sartano, l’aggiunta di n-3 PUFA ha prodotto una riduzione statisticamente significativa delle recidive
aritmiche dopo cardioversione elettrica.
Al contrario, lo studio di Kowey et al., in 663 pazienti con fibrillazione atriale parossistica o persistente, non ha evidenziato alcun effetto degli n-3 PUFA nel ridurre il rischio di recidive di fibrillazione atriale.
Risultati negativi sono stati ottenuti
anche nel recente studio di Bianconi et al. in 200 pazienti dopo cardioversione della fibrillazione atriale.
In una recente metanalisi, relativa a 1955 pazienti, gli n-3 PUFA sono risultati inefficaci sia nella prevenzione primaria
( compresa la fibrillazione atriale dopo intervento di cardiochirurgia ), sia nella prevenzione secondaria della fibrillazione atriale.
Questo dato ha trovato conferma nei risultati dello studio OPERA che ha valutato l’effetto della somministrazione di n-3 PUFA sulla incidenza di fibrillazione atriale nei primi 10 giorni dopo l’intervento in 1516 pazienti candidati ad intervento
cardiochirurgico coronarico o valvolare. Infatti l’incidenza di fibrillazione atriale è risultata sostanzialmente simile sia nel gruppo placebo sia nel gruppo pretrattato con n-3 PUFA.
Pertanto, alla luce di questi risultati, al momento non vi sono dati sufficienti per proporre la terapia con n-3 PUFA nella prevenzione primaria e secondaria della fibrillazione atriale ( raccomandazione di classe IIb, livello di evidenza A ), al di fuori di quelle che sono le indicazioni convenzionali all’uso di questi farmaci. ( Xagena2013 )
Fonte: Linee guida AIAC per la gestione e il trattamento della fibrillazione atriale. Aggiornamento 2013
Cardio2013 Farma2013
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