La fibrillazione atriale aumenta il rischio di morte dopo infarto miocardico


La fibrillazione atriale è un fattore di rischio indipendente di morte nei pazienti con infarto miocardico.
Il rischio è maggiore nei pazienti che hanno sviluppato fibrillazione atriale più di 30 giorni dopo l’infarto miocardico, sottolineando la necessità di continuare il follow-up dopo l'evento indice.

Nello studio sono stati utilizzati i dati del Rochester Epidemiology Project per identificare 3.220 adulti ricoverati in ospedale per un primo infarto miocardico tra il 1983 e il 2007.

Al momento dell’infarto, 304 pazienti avevano una precedente diagnosi di fibrillazione atriale, mentre 729 pazienti hanno sviluppato fibrillazione atriale nel corso di un follow-up medio di 6.6 anni.
In quest'ultimo gruppo, 218 casi sono stati classificati come precoci ( verificatisi 2 giorni o meno dopo l’evento infartuale ), 119 come intermedi ( 3-30 giorni ) e 392 tardivi ( più di 30 giorni ).

L'incidenza cumulativa di fibrillazione atriale a 5 anni post-infarto miocardico è stata del 19%, e il rischio di fibrillazione atriale non è cambiato nel corso del periodo di studio.

Dopo aggiustamento per caratteristiche cliniche e scompenso cardiaco, la presenza di fibrillazione atriale è stata associata a un forte aumento della mortalità generale ( hazard ratio, HR=3.77 ).

L'eccesso di rischio di morte differiva notevolmente in base ai tempi di insorgenza di fibrillazione atriale, con hazard ratio aggiustato di 1.46, 1.63, 1.81 e 2.58, rispettivamente, per fibrillazione atriale precoce, iniziale, intermedia e tardiva.

La fibrillazione atriale è stata anche associata a un aumentato rischio di morte cardiovascolare, con HR aggiustato di 1.55, 1.72, 1.94 e 2.70 rispettivamente per fibrillazione atriale precoce, iniziale, intermedia e tardiva.

La fibrillazione atriale dopo infarto miocardico è stata associata a un rischio elevato di morte. ( Xagena2011 )

Fonte: Circulation, 2011


Cardio2011



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