Nuovi anticoagulanti orali: Rivaroxaban associato ad aumento del sanguinamento e della mortalità rispetto a Dabigatran


Rivaroxaban ( Xarelto ) è risultato associato a un aumento sia del sanguinamento incracranico che extracranico negli anziani in trattamento per fibrillazione atriale non-valvolare, rispetto a Dabigatran etexilato ( Pradaxa ).

Rivaroxaban ha anche ridotto il rischio di ictus tromboembolico e aumentato il rischio di mortalità rispetto a Dabigatran.
L'aumento della emorragia intracranica a causa del trattamento con Rivaroxaban è risultato superiore rispetto alla riduzione dell’incidenza di ictus tromboembolico.

Il Warfarin ( Coumadin ), un antagonista della vitamina K, ha rappresentato per diversi decenni la terapia elettiva per ridurre il rischio di ictus tromboembolico nei pazienti con fibrillazione atriale, tuttavia il farmaco aumenta notevolmente il rischio di emorragia intracranica ed extracranica e ha scarsa maneggevolezza ( è difficile mantenere i pazienti nel range terapeutico ).
Dabigatran etexilato, un inibitore diretto della trombina, e Rivaroxaban, un inibitore del fattore Xa, sono anticoagulanti orali non-antagonisti della vitamina K, sono più semplici da dosare rispetto al Warfarin e non richiedono monitoraggio terapeutico.

Ricercatori del Center for Drug Evaluation and Research ( CDER ) dell’Agenzia regolatoria statunitense, FDA ( Food and Drug Administration ), hanno condotto uno studio di coorte retrospettivo riguardante i nuovi anticoagulanti orali.
Il campione preso in esame era costituito da 118.891 pazienti che erano stati arruolati in Medicare.
Questi pazienti avevano un’età di 65 anni o superiore e soffrivano di fibrillazione atriale non-valvolare.
Avevano iniziato il trattamento con Rivaroxaban ( 20 mg, una volta al giorno ) o con Dabigatran ( 150 mg, due volte al giorno ) nel periodo 2011-2014.
52.240 pazienti sono stati trattati con Dabigatran e 66.651 pazienti con Rivaroxaban.

I risultati hanno mostrato che, rispetto a Dabigatran, Rivaroxaban era associato ad aumento della mortalità ( hazard ratio, HR=1.15; IC 95%, 1-1.32; P= 0.051 ), riduzione dell’ictus tromboembolico ( HR=0.81; IC 95%, 0.65-1.01; P = 0.07 ), aumento della emorragia intracranica ( HR=1.65; IC 95%, 1.2-2.26; P=0.002 ) e a maggiore sanguinamento extracranico ( HR=1.48; IC 95%, 1.32-1.67; P inferiore a 0.001 ), che comprendeva grave sanguinamento gastrointestinale ( HR=1.4; IC 95%, 1.23-1.59; P inferiore a 0.001 ).

E’stato inoltre osservato che Rivaroxaban era associato a un significativo aumento della mortalità nei pazienti di età uguale o superiore a 75 anni o nei pazienti con un punteggio CHADS2 di almeno 2.

Dallo studio è emerso che nei pazienti con fibrillazione atriale che avevano assunto Dabigatran oppure Rivaroxaban, l'uso di Rivaroxaban è risultato associato a un aumento statisticamente significativo del rischio di emorragia intracranica e sanguinamento extracranico, tra cui sanguinamento gastrointestinale maggiore, e probabilmente a un aumento della mortalità nei pazienti più anziani o in quelli con più elevato rischio di ictus al basale.
Secondo i ricercatori, il maggior effetto anticoagulante osservato con Rivaroxaban può essere dovuto alla più alta dose richiesta per il dosaggio una volta al giorno. ( Xagena2016 )

Fonte: JAMA Internal Medicine, 2016

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