Cambiamenti di paradigma nella terapia dello scompenso cardiaco: dai glicosidi cardiaci alla combinazione Valsartan e Sacubitril


Lo studio PARADIGM-HF rappresenta una pietra miliare nel trattamento dell'insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta.

La storia moderna della terapia per l'insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta prese avvio con l'introduzione in terapia della vasodilatazione.
Lo studio V-HeFT I ( 1986 ) aveva dimostrato che il trattamento con Idralazina più Isosorbide dinitrato, rispetto a placebo o a Prazosina, era in grado di ridurre la mortalità.

Lo studio CONSENSUS ( 1987 ) e lo studio SOLVD-treatment ( 1991 ) stabilirono che l’inibizione dell'enzima di conversione dell'angiotensina ( ACE ) con Enalapril era in grado di ridurre la mortalità complessiva dal 16 al 40%.
V-HeFT II ( 1991 ) dimostrò che Enalapril era superiore alla combinazione di Idralazina e Isosorbide dinitrato.
Lo studio SOLVD-Prevention ( 1992 ) dimostrò che il beneficio di Enalapril nel ridurre il tasso di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca si estendeva anche ai pazienti asintomatici con frazione di eiezione ridotta.

Questi studi hanno rappresentato il punto di riferimento per l'era della ACE inibizione, che è stato il fulcro della terapia per l’insufficienza cardiaca per 25 anni.

I bloccanti del recettore della angiotensina ( sartani, ARB ) interferiscono con l'azione della angiotensina II a livello del suo recettore di tipo 1, con conseguente vasodilatazione.
Questi farmaci interrompono la via della angiotensina con un meccanismo diverso da quello degli ACE-inibitori, che bloccano la conversione della angiotensina I in angiotensina II e interferiscono anche con la degradazione delle chinine.
Lo studio Val-HeFT ( 2001 ) ha introdotto il concetto di terapia a base di sartanici per l'insufficienza cardiaca, ma poichè il trattamento con sartani non è superiore al trattamento con ACE inibitori, i sartani sono stati generalmente riservati ai pazienti che non possono assumere gli ACE inibitori a causa di tosse o angioedema.

L'uso dei beta-bloccanti, ormai una pietra miliare nel trattamento della insufficienza cardiaca, è stato controindicato per lungo tempo, a causa dei timori che i pazienti con frazione di eiezione ridotta avrebbero potuto non-beneficiare di tale trattamento o avrebbero avuto effetti collaterali inaccettabili dal blocco adrenergico.
Tuttavia, l'evidenza di un beneficio sulla mortalità è emerso per tre beta-bloccanti, Bisoprololo, Carvedilolo e Metoprololo a rilascio prolungato.
Due studi ( Carvedilol Heart Failure Study, 1996 e COPERNICUS, 2001 ) hanno dimostrato che il Carvedilolo può ridurre in modo sensibile la mortalità.

Un altro cambiamento di paradigma nella terapia dello scompenso cardiaco si è verificato con lo studio RALES ( 1999 ) con Spironolattone, un antagonista del recettore dei mineralcorticoidi ( MRA ).
E’stata riportata una riduzione del 30% della mortalità tra i pazienti già trattati con un ACE inibitore e un diuretico dell’ansa.
Lo studio EMPHASIS-HF ( 2011 ), in cui è stato studiato l’MRA Eplerenone nei pazienti con insufficienza cardiaca sistolica e sintomi lievi, ha confermato ed esteso il precedente risultato

Tuttavia, non tutte le terapie si sono rivelate di successo, tra queste la terapia con farmaci con effetti inotropi positivi, come il Milrinone, inibitore della fosfodiesterasi.
In un ampio studio clinico ( PROMISE, 1991 ), il Milrinone orale, rispetto al placebo, ha aumentato la mortalità tra i pazienti con insufficienza cardiaca del 28%.
I nuovi agenti inotropi si sono generalmente rivelati deludenti.

Una vecchia classe di agenti inotropi, i glicosidi cardiaci, è stata messa in discussione. Oggi, i glicosidi cardiaci non sono più terapia di prima linea per l'insufficienza cardiaca, sebbene possano essere utilizzati per attenuare i sintomi e prevenire le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco.
Dopo le osservazioni compiute da William Withering, 230 anni fa, i glicosidi digitalici divennero un cardine della terapia per l'insufficienza cardiaca. Tuttavia, uno studio pubblicato nel 1997 ( DIG, Digitalis Investigation Group ) ha dimostrato inequivocabilmente che la Digossina non esercita alcun effetto benefico sulla mortalità nello scompenso cardiaco, anche se riduce le ospedalizzazioni totali, e in modo specifico i ricoveri per insufficienza cardiaca del 28%.

La storia della Nesiritide, un peptide natriuretico di tipo B, ricombinante, con proprietà vasodilatatrici, ha evidenziato l’importanza dell’approccio basato sulle evidenze.
La Nesiritide fu approvata, nel 2001, come terapia atta a migliorare la dispnea nello scompenso cardiaco acuto. Tuttavia, lo studio ASCEND-HF ( 2011 ) non ha dimostrato alcun beneficio della Nesiritide riguardo all’endpoint co-primario di mortalità o riospedalizzazione per scompenso cardiaco e non è stato riscontrato alcun miglioramento significativo della dispnea.

L'introduzione dei dispositivi cardiaci ha rappresentato un fondamentale cambiamento di paradigma nella terapia dello scompenso cardiaco.
Tre tipi di dispositivi cardiaci hanno dimostrato di ridurre la mortalità nello scompenso cardiaco: il dispositivo di assistenza ventricolare sinistra ( LVAD ) in REMATCH ( 2001 ), il defibrillatore cardioverter impiantabile ( ICD ) in SCD-HeFT ( 2005 ), e la terapia di resincronizzazione cardiaca ( pacemaker biventricolare, CRT ) in COMPANION ( 2004 ), CARE-HF ( 2005 ), MADIT-CRT ( 2009 ), e RAFT ( 2010 ).
I dispositivi di assistenza ventricolare sinistra possono essere usati come ponte al trapianto cardiaco o, in alcuni pazienti, come terapia di destinazione.
Gli ICD possono essere usati da soli o assieme ad CRT ( CRT-D ).
Un recente studio di follow-up del MADIT-CRT ( 2014 ) ha dimostrato che, rispetto al solo ICD, il CRT-D è in grado di ridurre la mortalità tra i pazienti con insufficienza cardiaca e sintomi lievi, ma solo quando il complesso QRS è maggiore di 130 msec con caratteristica di blocco di branca sinistra.

Ed ora con lo studio PARADIGM-HF ( 2014 ) si apre una nuova era nel trattamento dello scompenso cardiaco grazie alla duplice inibizione: inibizione del recettore dell’angiotensina e inibizione della neprilisina con LCZ696, una combinazione di Valsartan e Sacubitril.
LCZ696 ha ridotto la mortalità cardiovascolare del 20% e la mortalità generale del 16%, rispetto ad Enalapril.

La neprilisina è una endopeptidasi neutra coinvolta nel metabolismo di un certo numero di peptidi vasoattivi. Il blocco dell’azione della neprilisina, con conseguente aumento dei livelli di peptidi come i peptidi natriuretici, che hanno proprietà vasodilatatrici, facilita l'escrezione di sodio, e molto probabilmente, ha effetti sul rimodellamento. ( Xagena2014 )

Sacks CA et al, N Eng J Med 2014; Epub ahead of print

Cardio2014 Farma2014


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