Apnea del sonno: la terapia a pressione positiva continua non è associata a un ridotto tasso di ictus o infarto del miocardio
Il significato prognostico dell'età e della terapia a pressione positiva continua ( CPAP ) riguardo alle malattie cardiovascolari nei pazienti con apnea del sonno non è stato valutato in precedenza.
L'intera popolazione danese è stata seguita dal 2000 al 2011.
Su 4.5 milioni di individui inclusi nello studio, 33.274 hanno sviluppato apnea ostruttiva del sonno ( età media 53 anni, 79% uomini ), di cui il 44% era stato sottoposto a terapia CPAP persistente.
Il tempo mediano all’inizio della terapia CPAP era di 88 giorni ( range interquartile 34-346 ).
I pazienti con apnea del sonno avevano più comorbidità rispetto alla popolazione generale.
I tassi grezzi di infarto miocardico e di ictus ischemico sono risultati aumentati per i pazienti con apnea del sonno ( rispettivamente, 5.4 e 3.6 eventi per 1000 anni-persona, versus 4.0 e a 3.0 nella popolazione generale ).
Rispetto alla popolazione generale, il rischio di infarto del miocardio ( tasso di incidenza complessivo, IRR=1.71 ) e di ictus ischemico ( IRR=1.50 ) era significativamente aumentato nei pazienti con apnea del sonno, in particolare nei pazienti di età inferiore a 50 anni ( rispettivamente, IRR=2.12, e IRR=2.34 ).
La successiva terapia CPAP non è stata associata a cambiamenti della prognosi.
In conclusione, l’apnea del sonno è risultata correlata a un aumentato rischio di ictus ischemico e infarto miocardico, in particolare nei pazienti di età inferiore ai 50 anni di età.
La terapia a pressione positiva continua delle vie aeree non è risultata associata a un ridotto tasso di ictus o infarto del miocardio. ( Xagena2014 )
Lamberts M et al, J Intern Med 2014; Epub ahead of print
Neuro2014 Cardio2014 Pneumo2014
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