Ramucirumab dopo Sorafenib nei pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato e aumentate concentrazioni di alfa-fetoproteina: studio REACH-2


I pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato e aumentate concentrazioni di alfa-fetoproteina ( AFP ) hanno una prognosi infausta.

L'obiettivo dlelo studio REACH-2 è stato quello di verificare l'efficacia di Ramucirumab ( Cyramza ) nei pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato e concentrazioni di alfa-fetoproteina pari o superiori a 400 ng/ml.

REACH-2 era uno studio di fase 3, randomizzato e controllato con placebo, in doppio cieco, condotto in 92 ospedali, cliniche e Centri medici in 20 Paesi.
I pazienti idonei avevano età uguale o superiore a 18 anni, con epatocarcinoma confermato istologicamente o citologicamente o diagnosi di cirrosi e carcinoma epatocellulare, malattia in stadio BCLC ( Barcelona Clinic Liver Cancer ) B o C, malattia epatica di classe Child-Pugh A, ECOG performance status di 0 o 1, concentrazioni di alfa-fetoproteina di 400 ng/ml o superiore e avevano precedentemente ricevuto Sorafenib di prima linea.

I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a 8 mg/kg di Ramucirumab per via endovenosa ogni 2 settimane oppure placebo.
Tutti i pazienti hanno ricevuto le migliori cure di supporto.

L'endpoint primario era la sopravvivenza globale. Gli endpoint secondari erano la sopravvivenza libera da progressione, la proporzione di pazienti che raggiungevano una risposta obiettiva, il tempo alla progressione radiografica, la sicurezza, il tempo di deterioramento nei punteggi alla scala FHSI-8 ( Functional Assessment of Cancer Therapy Hepatobiliary Symptom Index 8 ), e il tempo al deterioramento nell’ECOG performance status.

Sono stati anche aggregati i dati dei singoli pazienti di REACH-2 con i dati di REACH per i pazienti con concentrazioni di alfa-fetoproteina pari o superiori a 400 ng/ml.
Le analisi di efficacia erano per intention-to-treat, mentre le analisi di sicurezza sono state eseguite in tutti i pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di farmaco in studio.

Tra il 2015 e il 2017, sono stati assegnati in modo casuale 292 pazienti, 197 al gruppo Ramucirumab e 95 al gruppo placebo.

A un follow-up mediano di 7.6 mesi, la sopravvivenza globale mediana ( 8.5 mesi vs 7.3 mesi; hazard ratio, HR=0.710; P=0.0199 ) e la sopravvivenza libera da progressione [ PFS ] ( 2.8 mesi vs 1.6 mesi; HR=0.452; P minore di 0.0001 ) sono significativamente migliorate nel gruppo Ramucirumab rispetto al gruppo placebo.

La proporzione dei pazienti con una risposta obiettiva non differiva significativamente tra i gruppi ( 9 su 197, 5%, vs 1 su 95, 1%; P=0.1697 ).

Il tempo medio al deterioramento nei punteggi totali FHSI-8 ( 3.7 mesi vs 2.8 mesi; HR=0.799; P=0.238 ) e gli ECOG performance status ( HR=1.082; P=0.77 ) non differivano tra i gruppi.

Gli eventi avversi emersi dal trattamento di grado 3 o peggiore verificatisi in almeno il 5% dei pazienti in entrambi i gruppi erano ipertensione ( 25, 13%, nel gruppo Ramucirumab vs 5, 5%, nel gruppo placebo ), iponatriemia ( 11, 6%, vs 0 ) e aumento dell'aspartato aminotransferasi ( 6, 3%, vs 5, 5% ).

Eventi avversi gravi di qualsiasi grado e causa si sono verificati in 68 pazienti ( 35% ) nel gruppo Ramucirumab e in 28 ( 29% ) pazienti nel gruppo placebo.

3 pazienti nel gruppo Ramucirumab sono deceduti per eventi avversi emergenti dal trattamento che sono stati giudicati correlati al trattamento di studio ( uno ha presentato danno renale acuto, uno sindrome epatorenale e uno insufficienza renale ).

REACH-2 ha raggiunto il suo endpoint primario, mostrando una sopravvivenza globale migliore con Ramucirumab rispetto al placebo in pazienti con carcinoma epatocellulare e concentrazioni di alfa-fetoproteina di almeno 400 ng/ml che avevano precedentemente ricevuto Sorafenib.
Ramucirumab è stato ben tollerato, con un profilo di sicurezza gestibile.
Secondo i ricercatori REACH-2 è il primo studio di fase 3 positivo condotto in una popolazione di pazienti selezionati per biomarcatore con carcinoma epatocellulare. ( Xagena2019 )

Zhu AX et al, Lancet Oncology 2019; 20: 282-296

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