Nefrotossicità da bifosfonati


I bifosfonati trovano indicazione nel trattamento dell’osteoporosi postmenopausale, ipercalcemia associata a malattia neoplastica, e nelle metastasi ossee osteolitiche.

I bifosfonati per os sono principalmente impiegati nel trattamento dell’osteoporosi in postemenopausa, e non sono associati a significativa nefrotossicità.
Al contrario, la nefrotossicità, sia dose-dipendente e tempo di infusione-dipendente, è un significativo fattore limitante l’uso dei bifosfonati per via iniettiva.

I due principali bifosfonati per via endovenosa disponibili negli Stati Uniti per il trattamento dell’ipercalcemia correlata al tumore e della malattia ossea osteolitica sono lo Zoledronato ( Aclasta, Zometa ) e il Pamidronato ( Aredia ).
La nefrotossicità, descritta con questi due farmaci, consiste, rispettivamente, in necrosi tubulare acuta tossica e glomerulosclerosi segmentale focale.

La grave nefrotossicità da questi due bifosfonati può essere evitata monitorando accuratamente i livelli di creatinemia prima e durante il trattamento, ed aggiustando i dosaggi nei pazienti con preesistente malattia renale cronica.

Nei pazienti con osteoporosi postemenopausale, lo Zoledronato e il Pamidronato sono associati ad un significativamente minore incidenza di nefrotossicità, dovuta ai più bassi dosaggi impiegati e ai più lunghi intervalli di somministrazione.

L’Ibandronato ( Boniva ) è approvato negli Stati Uniti per il trattamento dell’osteoporosi in post-menopausa, e in Europa per il trattamento dell’osteoporosi postmenopausale e per la malattia ossea associata ai tumori.
I dati disponibili stanno ad indicare che l’Ibandronato ha un sicuro profilo renale senza evidenza di nefrotossicità, anche nei pazienti con anormale funzione renale al basale. ( Xagena2008 )

Perazella MA, Markowitz GS, Kidney Int 2008;74:1385-1393

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