Esiti in atleti con marcate anomalie di ripolarizzazione all’ECG
Atleti, giovani, allenati, possono presentare anormali tracciati elettrocardiografici senza evidenza di malattia cardiaca strutturale.
Non è noto se queste caratteristiche dell’ECG rappresentino l’espressione iniziale di una sottostante malattia cardiaca con potenziali effetti avversi a lungo termine.
Ricercatori italiani hanno valutato gli eventi clinici a lungo termine su atleti con elettrocardiogrammi caratterizzati da marcate anomalie della ripolarizzazione.
Da un database di 12.550 atleti allenati, sono stati identificati 81 soggetti con profonda inversione delle onde T ( maggiore o uguale a 2mm in almeno 3 derivazioni ), ampiamente diffuse, che non manifestavano malattia cardiaca e che erano stati sottoposti ad esami clinici, ECG, e a studi ecocardiografici per una media di 9 anni ( range da 1 a 27 ).
Il confronto è stato fatto con 229 atleti selezionati con ECG normali.
Tra gli 81 atleti con ECG anormali, in 5 ( 6% ) è stata riscontrata una cardiomiopatia, tra cui un soggetto che è morto improvvisamente all’età di 24 anni in seguito ad una cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro.
Degli 80 atleti sopravvissuti, 3 hanno sviluppato caratteristiche cliniche e fenotipiche di cardiomiopatia ipertrofica, dopo in media 12 anni ( all’età di 27, 32, e 50 anni ), compreso uno che ha avuto un arresto cardiaco abortito.
Il quinto atleta ha mostrato cardiomiopatia dilatativa dopo 9 anni di follow-up.
Al contrario, nessuno dei 229 atleti con ECG normali ha presentato eventi cardiaci o è stata diagnosticata una cardiomiopatia, in media, 9 anni dopo la valutazione iniziale ( P= 0,001 ).
I Ricercatori hanno concluso che marcate anomalie nell’ECG in atleti giovani ed apparentemente sani, possono rappresentare l’espressione iniziale di una cardiomiopatia sottostante che può non essere evidente per molti anni, e che potrebbe essere associata ad eventi avversi.
Atleti con queste caratteristiche ECG meritano una continua sorveglianza clinica. ( Xagena2008 )
Pelliccia A et al, New Engl J Med 2008; 358: 152-161
Cardio2008
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