AbbVie ha ritirato negli Stati Uniti le indicazioni per Ibrutinib nel linfoma mantellare e nel linfoma della zona marginale


AbbVie ha annunciato l'intenzione di ritirare volontariamente le indicazioni per Ibrutinib ( Imbruvica ), un inibitore di BTK, nei pazienti affetti da linfoma mantellare ( MCL ) che hanno ricevuto in precedenza almeno 1 terapia, e in quelli affetti da linfoma della zona marginale ( MZL ) che necessitano di trattamento sistemico e hanno ricevuto almeno 1 precedente terapia a base di un farmaco anti-CD20.

Nel novembre 2013, l'Agenzia regolatoria degli Stati Uniti, FDA ( Food and Drug Administration ) aveva concesso una approvazione accelerata a Ibrutinib nella popolazione con linfoma a cellule mantellari sulla base di un tasso di risposta globale ( ORR ) valutato dallo sperimentatore del 65,8% ( IC 95%, 56,2-74,5% ) riportato tra 111 pazienti trattati, arruolati in uno studio di fase 2 in aperto, multicentrico, a braccio singolo.
La durata mediana della risposta ( DoR ) in questi pazienti era stata di 17,5 mesi ( IC 95%, 15,8-non-raggiunto [ NR ] ).

Alcuni anni dopo, nel gennaio 2017, l’FDA aveva concesso ad Ibrutinib un’approvazione accelerata per l’uso nella popolazione con linfoma a zona marginale, sempre sulla base dei dati di risposta globale.
In 63 pazienti valutabili in termini di efficacia arruolati nello studio PCYC-1121 in aperto, multicentrico, a braccio singolo, di fase 2, Ibrutinib ha indotto un tasso di risposta globale del 46% ( IC 95%, 33,4%-59,1% ) secondo una revisione indipendente; ciò includeva un tasso di risposta completa ( CR ) del 3,2% e un tasso di risposta parziale ( PR ) del 42,9%.
La durata della risposta mediana era non-raggiunta ( intervallo: 16,7-NR ).

Poiché le decisioni si basavano sui dati di risposta globale, il beneficio clinico di Ibrutinib doveva essere confermato in ulteriori studi.
A tal fine, sono stati condotti gli studi di conferma di fase 3 SHINE e SELENE, rispettivamente, nei pazienti con linfoma mantellare precedentemente non-trattato e linfoma della zona marginale recidivante o refrattario.

Sebbene SHINE abbia raggiunto l’endpoint primario della sopravvivenza libera da progressione ( PFS ), la combinazione di Ibrutinib e chemioimmunoterapia è stata collegata a una maggiore tossicità rispetto al regime di controllo.
SELENE non ha raggiunto il suo endpoint primario di sopravvivenza libera da progressione.

Studio SHINE

Lo studio di fase 3 SHINE ha arruolato pazienti con una diagnosi confermata a livello centrale di linfoma con sovraespressione della ciclina C1 o breakpoint di traslocazione a t(11;14) che avevano una malattia di stadio da II a IV non-trattata in precedenza e almeno 1 sito di malattia misurabile.
I pazienti dovevano avere almeno 65 anni di età, un performance status ECOG pari a 0 o 1, e una funzione d'organo accettabile.

I partecipanti allo studio sono stati assegnati in modo casuale in un rapporto 1:1 a ricevere Ibrutinib alla dose di 560 mg una volta al giorno ( n = 261 ) oppure placebo ( n = 262 ) più Bendamustina alla dose di 90 mg/m2 nei giorni 1 e 2 di ciascun ciclo di 28 giorni, Rituximab a 375 mg/m2 il giorno 1 di ogni ciclo somministrato ogni 4 settimane per 6 cicli.
Dopo trattamento di induzione, coloro che hanno ottenuto una risposta obiettiva hanno continuato a ricevere Ibrutinib giornaliero oppure placebo più Rituximab di mantenimento a 375 mg/m2 somministrato ogni 8 settimane per un massimo di 12 dosi aggiuntive.

La sopravvivenza libera da progressione valutata dallo sperimentatore è servita come endpoint primario dello studio, mentre gli endpoint secondari comprendevano la risposta completa, la non rilevabilità della malattia minima residua ( MRD ) e il tempo necessario al peggioramento dei sintomi e delle preoccupazioni correlati alla malattia.
È stata valutata anche la sicurezza di Ibrutinib.

A un follow-up mediano di 84,7 mesi ( intervallo, 0,1-97,5 ), la sopravvivenza libera da progressione mediana con Ibrutinib è stata di 80,6 mesi ( IC 95%, 61,9 - non-valutabile ) rispetto a 52,9 mesi ( IC 95%, 43,7-71,0 ) con placebo ( HR stratificato, 0,75; IC 95%, 0,59-0,96; P = 0,01 ).
In particolare, il beneficio in termini di sopravvivenza libera da progressione fornito con Ibrutinib rispetto al placebo è stato notato nella maggior parte dei sottogruppi prespecificati.
Tuttavia, quelli con un punteggio MIPI semplificato ad alto rischio e i pazienti i cui tumori presentavano mutazioni TP53 non hanno tratto un chiaro beneficio con Ibrutinib.

Risposte obiettive sono state ottenute dall’89,7% dei pazienti nel braccio Ibrutinib e dall’88,5% di quelli nel braccio placebo; le risposta complete valutate dallo sperimentatore sono state raggiunte rispettivamente nel 65,5% e nel 57,6% dei pazienti.
Inoltre, il 62,1% dei pazienti nel braccio Ibrutinib ha ottenuto valori non-rilevabili di malattia minima residua nel sangue periferico o nel midollo osseo rispetto al 56,5% dei pazienti del braccio placebo.

La sopravvivenza globale era paragonabile tra i bracci di trattamento ( HR, 1,07; IC 95%, 0,81-1,40 ).

L'incidenza delle tossicità di grado 3 o 4 durante il trattamento è stata dell'81,5% nel braccio sperimentale rispetto al 77,3% nel braccio di controllo.
Gli effetti avversi di grado 3 o superiore più frequenti riportati nel 10% o più dei pazienti includevano neutropenia ( 47,1% vs 48,1%, rispettivamente ), polmonite ( 20,1% vs 14,2% ), linfopenia ( 16,2% vs 11,9% ), anemia ( 15,4% vs 8,8% ), trombocitopenia ( 12,7% vs 13,1% ), eruzione cutanea ( 12,0% vs 1,9% ) e leucopenia ( 10,0% vs 11,2% ).

Studio SELENE

Pazienti con linfoma non-Hodgkin indolente a cellule B confermato istologicamente con un sottotipo istologico limitato a linfoma follicolare o linfoma della zona marginale alla diagnosi iniziale sono stati arruolati nello studio di fase 3 SELENE.
Per essere idonei, i pazienti dovevano aver ricevuto almeno in precedenza 1 trattamento con un anticorpo anti-CD20 più un regime chemioimmunoterapico, avere malattia recidivante o refrattaria, almeno 1 sito di malattia misurabile e un performance status ECOG pari a 0 o 1.

I partecipanti allo studio sono stati assegnati in modo casuale in n rapporto 1:1 a ricevere Ibrutinib alla dose di 560 mg oppure placebo più chemioimmunoterapia che comprendeva 6 cicli di Bendamustina e Rituximab o Rituximab, Ciclofosfamide, Doxorubicina, Vincristina e Prednisone.
Il trattamento è continuato fino a progressione della malattia, alla tossicità intollerabile o alla fine dello studio.

Oltre alla sopravvivenza libera da progressione che fungeva da endpoint primario, gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale, il tasso di risposta completa, il tasso di risposta globale, la durata della risposta, nonché la sicurezza. ( Xagena2023 )

Fonte: Abbvie, 2023

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