La gravità della leucoaraiosi è correlata agli esiti clinici dopo ictus ischemico


La leucoaraiosi è strettamente associata all’invecchiamento, un determinante molto importante per l’esito clinico dopo ictus ischemico.

Ricercatori del Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School, Boston ( Stati Uniti ) hanno condotto uno studio per identificare se la leucoaraiosi, indipendentemente dall’avanzare dell’età, influenzasse gli esiti dopo ictus ischemico acuto.

Il volume di leucoaraiosi è stato quantificato in 240 pazienti con ictus ischemico ed è stata effettuata una risonanza magnetica per immagini ( MRI ) entro 24 ore dalla presentazione dei sintomi.
Sono state analizzate le relazioni tra il volume di leucoaraiosi al momento del ricovero e l’esito clinico a 6 mesi sulla base della Rankin Scale modificata ( mRS ).

Le analisi bivariate hanno mostrato una significativa correlazione tra il volume di leucoaraiosi e la scala mRS a 6 mesi ( r=0.19, p=0.003 ). Il punteggio medio alla mRS è stato pari a 1.7 tra i pazienti nel più basso quartile ( minore o uguale a 1.2 mL ) e a 2.5 nel più alto quartile ( maggiore di 9.9 mL ) del volume di leucoaraiosi ( p=0.01 ).

L’effetto prognostico sfavorevole del volume di leucoaraiosi sugli esiti clinici si è mantenuto nel modello multivariato ( p=0.002 ), che includeva come covariate età, genere, fattori di rischio per ictus ( ipertensione, diabete mellito, fibrillazione atriale ), storia pregressa di infarto cerebrale, livelli di glicemia al ricovero e punteggio alla NIH Stroke Scale all’ammissione, trattamento con rtPA per via endovenosa, e volume dell’infarto acuto alla MRI.

In conclusione, il volume di leucoaraiosi è un predittore dell’esito clinico dopo ictus ischemico e questa relazione persiste dopo aggiustamento per importanti fattori prognostici tra cui l’età, la gravità dell’ictus iniziale e il volume dell’infarto. ( Xagena2009 )

Arsava EM et al, Neurology 2009; 72: 1403-1410


Neuro2009



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